di Pasquale Russo
Grazie alle tantissime persone coinvolte, il sistema darebbe davvero senso alla parola comunità e alla necessità di proteggersi a vicenda dal coronavirus e tutti non si sentirebbero controllati, ma responsabili.
Il dibattito sulla app Immuni ha il problema fondamentale di essere troppo tecnologico, bisogna accettare che la sola tecnologia non può risolvere il problema del controllo del contagio e contare sulla partecipazione delle persone al governo del sistema.
Nessuno vuole essere contagiato, quindi la prima cosa importante che deve fare un app è fornire alle persone l’indice di assembramento dei luoghi in tempo reale.
Se voglio recarmi al supermercato XY, devo sapere quante persone ci sono in fila.
Se voglio prendere l’autobus devo sapere quante persone ci sono sopra.
Se voglio andare a viale Libia, devo poter sapere quante persone stanno passeggiando sui marciapiedi davanti ai negozi.
L’informazione dell’indice di assembramento di un luogo, di una strada, di un locale, ecc. ecc., sono la prima informazione che un app dovrebbe dare per attivare il processo di consapevole tutela di ogni cittadino.
Perché in questo modo posso decidere se andare ovvero cambiare destinazione prima ancora di partire.
Allo stesso modo posso ottenere l’elenco di luoghi analoghi che hanno un indice di assembramento più basso.
Tale indice si potrebbe ottenere in due modi, in maniera automatica attraverso le celle telefoniche, ma l’app dovrebbe stimolare la partecipazione dei cittadini e, come avviene per alcune app per il traffico, ad es. Waze, fornire informazioni al sistema per consentire di andare su una strada dove il traffico è bloccato.
Sarebbe ottima la partecipazione del 25% della popolazione (molto meno dell’app Immuni) e qualche algoritmo di scienza delle reti incrociati con i dati storici che le aziende telefoniche certamente hanno per avere una buona accuratezza delle informazioni.
Tale app se viene superato un indice di assembramento segnalerebbe a tutti i presenti di quel luogo che si è a rischio contagio e quindi farebbe leva sul senso di responsabilità di tutti per proteggersi.
Infine, grazie alle tantissime persone coinvolte, ci si sentirebbe parte di qualcosa di più grande di una semplice app anticovid, il sistema darebbe davvero senso alla parola comunità e alla necessità di proteggersi a vicenda e tutti noi non ci sentiremmo controllati, ma responsabili.
Apple e Google hanno annunciato che stanno sviluppando un sistema per il controllo del contagio da coronavirus. Auspico che il loro sistema faccia perno sulla responsabilità civica delle persone e non si basi solo sulla tecnologia.
Bisogna sapere che le due società sono responsabili del software su oltre il 99% dei telefoni del pianeta e il 93% degli italiani ha uno smartphone. In Italia ci sono quasi due smartphone a famiglia e l’interoperabilità delle app integrate in IOS e Android (i sistemi operativi) potrebbe aumentare estremamente la capacità della app contro il contagio di informare le persone del rischio che corrono.
All’Università abbiamo ragionato e pensato questo sistema e alcuni tecnici ne stanno stilando le specifiche, anche se lo sviluppo è ben oltre le nostre capacità, ma mettiamo a disposizione le idee a chi può invece implementarle.
La base di una democrazia è che qualsiasi sistema di tracciamento dei contatti rimanga volontario e che la banca dati sia pubblica e decentralizzata.
Per concludere chi è positivo al coronavirus, deve stare in casa in quarantena e li ci vogliono le persone che ti controllano (medici infermieri, call center) e non un app che ti tracci.
La Sanità deve essere essa stessa risanata, con più investimenti, più persone, più cura.
Articolo originariamente pubblicato su antivirus-19 (https://antivirus19.it/metti-lapp-dalla-tua-parte/)