L’inverno demografico minaccia la competitività del Paese. Entro il 2040 ci saranno 3 milioni e 135 mila lavoratori in meno. Il record occupazionale raggiunto nel 2024 (circa 823 mila occupati in più rispetto al 2019) grazie a una serie di interventi sistemici che hanno accresciuto l’efficacia dei meccanismi di incontro domanda e offerta e delle stesse politiche del lavoro, passate da una logica passiva a una proattiva, rischia nei prossimi anni di essere attutito dalle dinamiche demografiche in atto.
È quanto emerge dal rapporto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Rendere la sfida demografica sostenibile”, presentato oggi a Roma nel corso della conferenza stampa del Festival del Lavoro, in programma dal 29 al 31 maggio ai Magazzini del Cotone di Genova. Secondo le elaborazioni effettuate a partire dalle proiezioni demografiche dell’Istat, a determinare la riduzione dei livelli occupazionali sarà il calo della popolazione in età attiva, tra i 15 e 64 anni, previsto in 1 milione 167 mila al 2030 e in oltre 5 milioni al 2040. La ricerca offre, inoltre, uno spaccato anche sulle previsioni demografiche e occupazionali a livello regionale e provinciale. A eccezione di Lombardia ed Emilia-Romagna, il calo della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni riguarderà, entro il 2030, tutte le regioni italiane. Il Sud sarà maggiormente interessato: la Basilicata la regione con il maggiore decremento (8,1%), a seguire Sardegna (7,8%), Calabria (6,6%), Puglia (6,4%), Campania e Sicilia (6%). Valori che cresceranno ancor più nel 2040. Nuoro, Potenza, Enna (-9,7%), Caltanissetta (-9,6%), Oristano (-9,5%) alcune delle province che saranno più colpite dal calo dell’occupazione.
La scarsità di capitale umano disponibile a lavorare rischia, dunque, di scontrarsi con le necessità di una domanda di lavoro che presenterà spazi di crescita elevati anche nei prossimi anni e che sarà alimentata dalle esigenze di sostituire lavoratori sempre più anziani. L’Italia, rispetto ai “colleghi” europei è già oggi il Paese con la più elevata incidenza di over 50 sul mercato del lavoro (40,6% contro 35,1% della media europea) e stando al rapporto Excelsior Unioncamere-Ministero del Lavoro, nel quadriennio 2024-2028, la domanda di lavoro collegata alla sostituzione dei lavoratori che andranno in pensione rappresenterà tra il 78%-88% del fabbisogno complessivo di nuovi profili (corrispondente a circa 3 milioni).
In presenza dei positivi segnali registrati sul fronte occupazionale da giovani e donne e la riduzione significativa dei Neet, la cui incidenza sul totale è calata dal 23,6% del 2019 al 17,3% del 2024, restano elevati i margini di recupero della popolazione oggi inattiva, in particolare donne e giovani: su 12,4 milioni di inattivi tra i 15 e i 64 anni, censiti dall’Istat, quasi 6 milioni hanno meno di 35 anni e circa 7,9 milioni sono donne. “Occorre intervenire su fattori esterni al mercato, quali welfare, formazione, politiche di genere e di inserimento per incentivare la partecipazione al lavoro di queste fasce della popolazione”, ha dichiarato durante la conferenza stampa il Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Percorsi di transizione scuola-lavoro”, ha aggiunto, “che favoriscano un più immediato primo ingresso nel mondo del lavoro e accelerino i tempi di inserimento ed esperienze lavorative nei percorsi formativi. Per agevolare ancora di più l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro”, ha sottolineato ancora De Luca, “potenziare il sistema di servizi e sostegni economici alle famiglie con carichi di cura sempre più diversificati. Per ridurre gli effetti determinati dall’inverno demografico”, ha concluso, “è necessario continuare a investire su politiche aziendali, territoriali e sociali che favoriscano ancor di più la partecipazione al lavoro di donne e giovani”.