L’art. 7-bis del Testo unico della finanza (TUF), recependo quanto previsto dal regolamento UE/2014/600 (MiFIR), attribuisce alla Banca d’Italia il potere di vietare o limitare la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di strumenti finanziari (cosiddetto “potere di intervento sui prodotti”, o product intervention power) per preservare la stabilità del sistema finanziario nazionale. Al fine dell’eventuale esercizio del potere di intervento, la Banca d’Italia svolge regolarmente analisi e valutazioni sui rischi per la stabilità finanziaria che possono derivare dagli strumenti finanziari in circolazione in Italia sulla base di uno specifico quadro analitico e metodologico, che viene periodicamente aggiornato e affinato.
Con questo comunicato si forniscono alcune informazioni di sintesi sulle analisi e sulle valutazioni più recenti. Informazioni più dettagliate sul potere di intervento e sulle attività svolte dalla Banca d’Italia in tale ambito sono disponibili sul sito dell’Istituto: Il “potere di intervento” della Banca d’Italia su strumenti finanziari, depositi strutturati e attività/pratiche finanziarie collegate. Valutazioni di sintesi Dalle analisi più recenti, condotte sulla base dei dati al 31 dicembre 2024, i certificates e le obbligazioni strutturate continuano a essere all’attenzione della Banca d’Italia, per la loro complessità e per la crescita dei volumi in circolazione osservata lo scorso anno.
È stato inoltre osservato un aumento dell’ammontare in circolazione di alcuni strumenti derivati, in particolare credit default swaps (CDS), swaptions e opzioni non plain-vanilla. I rischi per la stabilità finanziaria connessi con il volume in circolazione di questi strumenti non sono elevati. Si riportano di seguito maggiori informazioni sulle analisi condotte. I titoli complessi. Alla fine del 2024 in Italia erano in circolazione titoli di debito per un valore pari a 2.945 miliardi, di cui il 15% (440 miliardi) era rappresentato da strumenti che possono essere considerati complessi. Tra questi ultimi, quelli potenzialmente più rilevanti per la stabilità finanziaria erano i certificates (che rappresentavano il 19% dei titoli complessi, 85 miliardi) e le obbligazioni strutturate (8%, 33 miliardi). Alla fine del 2024 le famiglie italiane detenevano direttamente 75 miliardi di titoli di debito complessi, pari al 16% del totale dei titoli di debito da esse detenuti (474 miliardi) e in crescita di 5 miliardi rispetto a un anno prima. L’aumento è principalmente riconducibile ai certificates, la cui crescita (circa 3 miliardi, a 56) si è concentrata nella prima metà dell’anno, mentre nella seconda i volumi sono risultati stabili.
I certificates in circolazione in Italia, aumentati anche nel 2024 (di 10 miliardi), sono rappresentati principalmente da strumenti a capitale totalmente o parzialmente protetto (57% del totale); la restante quota è composta da titoli più rischiosi. Le famiglie detengono i due terzi dei certificates (di cui il 67% è a capitale protetto), che rappresentano il 12% circa del valore del totale dei titoli di debito da esse detenuti. I certificates sono in grado di migliorare il profilo di rischio in rapporto al rendimento di portafogli diversificati, anche grazie a un favorevole trattamento fiscale; si tratta tuttavia di strumenti complessi e di difficile valutazione, che possono esporre i detentori a perdite consistenti in caso di scenari avversi.
Le obbligazioni strutturate. Alla fine del 2024 il volume delle obbligazioni strutturate – prodotti finanziariamente ma non fiscalmente equivalenti ai certificates a capitale protetto – era pari a 33 miliardi. Nel corso degli ultimi anni, a fronte dell’aumento dei certificates, si è assistito a una graduale contrazione delle obbligazioni strutturate, dal picco di 181 miliardi toccato nel 2011. Un quarto di questi strumenti (8 miliardi) è nel portafoglio delle famiglie (a fronte di un massimo di 115 nel 2011). I derivati complessi. Circa il 5% degli strumenti derivati con controparti italiane si può considerare complesso.
Tra questi prevalgono i credit default swaps (CDS) e le swaptions. Alla fine del 2024 il valore nozionale totale dei derivati complessi era pari a 684 miliardi, in espansione rispetto ai 550 di fine 2023. Nella seconda metà del 2024 si è registrato un significativo aumento dei volumi nozionali di CDS, delle opzioni non plain-vanilla e, in misura minore, delle swaptions. La contestuale diminuzione del nozionale dei derivati classificati nella categoria residuale ‘altri derivati’ suggerisce che almeno una parte dell’aumento possa essere riconducibile a una classificazione delle posizioni più accurata rispetto al passato. Le principali controparti in questi mercati sono le banche italiane, le cui esposizioni sono bilanciate tra posizioni lunghe e corte, e i principali dealer internazionali; questi strumenti non sono presenti nei portafogli delle famiglie. Valutazioni. Nel complesso, i rischi per la stabilità finanziaria che possono derivare dagli strumenti finanziari analizzati appaiano al momento contenuti. Occorre tuttavia ricordare che i certificates possono esporre i detentori a rilevanti perdite: il valore di questi strumenti può subire ampie variazioni, anche maggiori di quelle delle attività sottostanti, in particolare in condizioni di mercato sfavorevoli.