L’Italia e la sua industria, per continuare a crescere, devono spingere sull’Industria 4.0, incentivare lo sviluppo di proprietà intellettuale, sostenere l’innovazione e la pluralità tecnologica. È questa la linea da seguire, chiara e netta, emersa dall’assemblea generale di Assolombarda, che come di consueto ha chiamato a raccolta imprenditori e politici, e che per l’edizione 2023. Sul palco dell’assemblea annuale degli industriali lombardi si sono alternate le più alte cariche politiche e associative, nazionali e regionali, dalla premier Giorgia Meloni al presidente di Assolombarda, Alessandro Spada.
Il presidente di Assolombarda ha sottolineato la centralità dell’innovazione per le imprese e l’economia del Paese: “Va rafforzata l’Industria 4.0, ripristinato il Patent Box nella sua forma originaria e sostenuta l’innovazione, sempre con un approccio di pluralità tecnologica”, per poter industrializzare tutte quelle soluzioni di accumulo, efficientamento, produzione di energia, oggi non ancora competitive ma di cui abbiamo bisogno se veramente vogliamo raggiungere gli obiettivi al 2050.
Nel breve termine “siamo consapevoli che l’elettrico rappresenti una tecnologia con specifici benefici”, osserva Spada, “ma riteniamo che le prospettive di medio e lungo termine siano maggiormente a favore di un mix di soluzioni e tecnologie più ampio. Anche per questo chiediamo al Governo che venga presentata quanto prima una Strategia nazionale per l’idrogeno”.
Spada: “Orgogliosi del nostro modello manifatturiero”
Secondo i dati di una ricerca inedita svolta da Fondazione Edison, quasi l’80% dell’export manifatturiero italiano viene realizzato da imprese medie, medio-grandi e grandi con un numero di occupati che va da 50 a un massimo di 4.999 addetti. Queste imprese sono in totale 9mila. A queste si aggiungono altre 27mila piccole imprese con un numero di addetti che va da 10 a 49, che coprono un restante 13%. Le imprese con più di 5mila addetti, invece, sono 13 e pesano per meno del 7% dell’export. Il nostro Paese, insomma, non è né penalizzato dalla mancanza di grandi gruppi industriali, né tanto meno schiacciato su imprese di piccole dimensioni.
È proprio “la taglia delle nostre imprese che ci permette di essere leader a livello internazionale in quei segmenti produttivi in cui qualità, innovazione e flessibilità costituiscono fattori competitivi”, tiene a precisare il numero uno di Assolombarda: “dobbiamo essere profondamente orgogliosi del nostro modello manifatturiero, spesso accusato ingiustamente di fare pochi investimenti, di essere poco tecnologico, di non essere sufficientemente competitivo e di essere, perciò, inadatto a competere nella sempre più dura arena del mercato globale. Niente di più lontano dalla realtà”.
L’industria manifatturiera del Paese, dopo aver contribuito con una crescita del 14% del suo valore aggiunto alla ripresa economica del 2021, nel 2022 è aumentata ancora dello 0,3%. A questo si aggiunge la crescita del PIL dello 0,6% nel primo trimestre di quest’anno: più di Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e anche degli Stati Uniti.
E ancora nel 2022 l’export manifatturiero ha segnato il record di 594 miliardi di euro su un totale di 625 miliardi. “Un nuovo piccolo ‘miracolo economico’ reso possibile dalla reattività e competitività della nostra manifattura”, sottolinea Spada.
Il presidente degli industriali lombardi si rivolge poi direttamente al presidente del Consiglio: “chiediamo al presidente Meloni di promuovere un forte sforzo per far passare, a livello europeo, il principio per cui gli investimenti strategici per il Paese non siano sottoposti al Patto di Stabilità. Mi riferisco, per esempio, al caso della sanità, uno dei molteplici settori in cui i nostri territori rappresentano un’eccellenza del modello di collaborazione tra pubblico e privato. La Lombardia, con oltre 210 milioni di euro di finanziamenti, è la prima regione in Italia per contributo dell’Unione Europea alla ricerca sulle scienze della vita. Una filiera che genera 27 miliardi di valore aggiunto l’anno e che, comprensiva di indotto, pesa per il 13% del PIL regionale. Tutti investimenti che nella filiera della salute generano crescita, benessere, coesione sociale, ricerca, innovazione, tech transfer e nuova industria, per il territorio, per il Paese, per l’Europa e che, di conseguenza, non dovrebbero essere sottoposti al Patto”.