Nel corso di questi giorni di quarantena, abbiamo più volte riflettuto su quello che potrebbe essere il mondo dopo l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, su quali cardini potrebbe poggiare la nostra società, evidentemente sconvolta da una pandemia di cui stiamo ancora cercando di sondare le viscere. Ebbene, la risposta, per ognuna delle domande che ci siamo poste è sempre la stessa: il digitale, linea internet permettendo s’intende.
Il nostro sistema educativo, ad esempio, sta cercando, con difficoltà generali e macro-differenze a seconda delle aree e persino delle singole scuole, di dare continuità alla didattica anche in presenza di oggettivi limiti strutturali e di una impreparazione (in alcuni casi anche giustificata) ad affrontare una situazione che è oggettivamente inedita per tutti. Ciò che emerge è un’Italia che cerca con ogni mezzo di mantenere la normalità nell’eccezionalità delle vicende e che continua a studiare storia e a far di conto. Secondo uno studio svolto dal centro di ricerca Lo Stilo di Fileta e Docety, piattaforma di e-learning per seguire videocorsi, lezioni private e seminari, che ha messo a disposizione gratuitamente i propri servizi a scuole e università chiuse per il Coronavirus nell’ambito dell’iniziativa di solidarietà digitale del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, gli italiani sarebbero in linea di massima propensi a rendere strutturale una didattica più aperta, smart e agile, in linea con una fruizione dei contenuti generale che si discosta sempre più dal classico modello della lezione frontale. Tuttavia, 2 intervistati su 3 sono pessimisti che ciò possa avvenire in tempi ragionevoli soprattutto a causa dei limiti infrastrutturali di cui soffre il nostro Paese e di una bassa diffusione delle competenze necessarie.
In particolare, la scarsa alfabetizzazione informatica (41%), insieme a cultura e abitudini poco favorevoli al cambiamento (29%) sarebbero le principali ragioni alla base della diffidenza verso l’adozione di sistemi che favoriscano le lezioni a distanza. A pesare sulla digital transformation della scuola contribuirebbero anche la mancanza di infrastrutture – indicata dal 19% del campione – e l’assenza di volontà politica (10%).
I pilastri al contrario o, per meglio dire, le zavorre che frenano la didattica smart sarebbero in particolare: scarse competenze, limitata propensione al cambiamento e ridotte infrastrutture. Se non si interviene con decisione su questi tre macro problemi non solo non saranno mai possibili le lezioni a distanza ma nemmeno, e soprattutto, una vera digitalizzazione del Paese.
I giorni del Coronavirus serviranno a farci aprire gli occhi, e ci stanno già oggi, giorno dopo giorno, dimostrando quanto il digitale possa essere essenziale in momenti di crisi così come in momenti di pace, svelando ancora la nostra evidente impreparazione ad affrontare da protagonisti la trasformazione digitale, sia dal punto di vista tecnico (vedi rete internet non adeguata) sia delle competenze.
Le crisi evidenziano ed accentuano i problemi ma oggi, in Italia, è chiaro come sia necessaria una rivoluzione digitale permanente per risollevare le sorti del Paese e rendere più cittadini tutti noi che, per un motivo o per l’altro, siamo tutti ancora troppo lontani dal modello che pure auspichiamo di raggiungere.