Nella sua lettera di saluto inviata ai presenti in occasione della firma della call per l’intelligenza artificiale, Papa Francesco definisce la tecnologia un “dono di Dio” che “può portare frutti di bene” ma che, allo stesso tempo, deve essere utilizzato correttamente se non vogliamo che comporti “gravi rischi per le società democratiche”.
“L’epoca digitale – scrive Papa Francesco – cambia la percezione dello spazio, del tempo e del corpo. Infonde un senso di espansione di sé che sembra non incontrare più limiti e l’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile”.
“Gli utenti – prosegue – sono spesso ridotti a ‘consumatori’, asserviti a interessi privati concentrati nelle mani di pochi. Gli algoritmi estraggono dati che consentono di controllare abitudini mentali e relazionali, per fini commerciali o politici, spesso a nostra insaputa. Questa asimmetria – ammonisce il Pontefice – per cui alcuni pochi sanno tutto di noi, mentre noi non sappiamo nulla di loro, intorpidisce il pensiero critico e l’esercizio consapevole della libertà. Le disuguaglianze si amplificano a dismisura, la conoscenza e la ricchezza si accumulano in poche mani, con gravi rischi per le società democratiche”.
Si tratta di rischi che però “non devono nasconderci le grandi potenzialità che le nuove tecnologie ci offrono. Siamo davanti a un dono di Dio, cioè a una risorsa che può portare frutti di bene”.
Per cogliere queste opportunità non basta però “la semplice educazione all’uso corretto delle nuove tecnologie – prosegue Papa Bergoglio – non sono infatti strumenti ‘neutrali’, perché, come abbiamo visto, plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. C’è bisogno di un’azione educativa più ampia. Occorre maturare motivazioni forti per perseverare nella ricerca del bene comune, anche quando non ne deriva un immediato tornaconto”.
Secondo Papa Francesco c’è “una dimensione politica nella produzione e nell’uso della cosiddetta ‘Intelligenza Artificiale‘, che non riguarda solo la distribuzione dei suoi vantaggi individuali e astrattamente funzionali. In altri termini: non basta semplicemente affidarci alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi; occorre invece creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori”.
Poi il pontefice passa alle competenze, ognuna delle quali, afferma, “comporta una specifica responsabilità”. Tutte insieme vanno a comporre una nuova frontiera “algor-etica” che “intende assicurare una verifica competente e condivisa dei processi secondo cui si integrano i rapporti tra gli esseri umani e le macchine nella nostra era. Nella comune ricerca di questi obiettivi, i principi della Dottrina Sociale della Chiesa offrono un contributo decisivo: dignità della persona, giustizia, sussidiarietà e solidarietà”. L’algor-etica, conclude Papa Bergoglio “potrà essere un ponte per far sì che i principi si inscrivano concretamente nelle tecnologie digitali, attraverso un effettivo dialogo transdisciplinare. Inoltre, nell’incontro tra diverse visioni del mondo, i diritti umani costituiscono un importante punto di convergenza per la ricerca di un terreno comune”.
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