Il Sistema Sanitario Nazionale italiano, classifica dell’agenzia di rating Bloomberg alla mano, è il quarto al mondo per efficienza: meglio di noi soltanto Hong Kong, Singapore e la Spagna.
Ma non sono tutte rose e fiori perché, in Italia come all’estero, urgono sviluppi tecnologici in tema di accesso ai corsi di laurea e di specializzazione, integrità delle cartelle cliniche e dei dati dei pazienti, filiera del farmaco e supply chain fino ad arrivare ai corsi di formazione continua.
Nei mesi scorsi l’Istituto Superiore di Sanità ha adottato la blockchain per la gestione delle terapie delle epatiti virali (piattaforma Piter). Un progetto che, assicurando trasparenza, privacy e incorruttibilità dei dati sanitari, consente agli infettivologi di disporre di un registro formato da oltre 10mila pazienti.
Secondo le previsioni della società di consulenza BIS Research, entro il 2025 la spesa per il mercato globale della sanità legato alla blockchain supererà i 5,5 miliardi di dollari. Le stime riguardo ai risparmi nei prossimi sei anni, invece, superano i 100 miliardi di dollari annui e comprendono costi operativi e IT, riduzione delle frodi e dei prodotti contraffatti.
A proposito di falsificazioni, un terreno particolarmente fertile nel quale piantare il seme della blockchain è quello farmaceutico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 20% dei farmaci venduti nei Paesi in via di sviluppo è contraffatto, con gravi rischi per chi li assume e una perdita per le case produttrici che ammonta fino a 200 miliardi di dollari ogni anno. Garantendo la tracciabilità e la trasparenza dei medicinali lungo tutta la filiera, la blockchain consente il loro monitoraggio dallo stabilimento di produzione fino all’approdo in farmacia.
I benefici riguardano tutti: medici, pazienti, strutture ospedaliere e case farmaceutiche. Grazie alla blockchain gli immancabili tagli alla sanità saranno un po’ meno difficili da digerire.