di Giuseppe Santorsola
L’interesse per le criptovalute è tornato alto nelle ultime settimane, in particolare con riferimento a Bitcoin ed Ethereum. I prezzi sono saliti oltre i limiti suggeriti dall’analisi tecnica delle quotazioni. Il valore complessivo delle valute virtuali ha superato la capitalizzazione di Google. La maggior parte delle 8000 proposte presenti sono peraltro, in via esaustione o manifestano la loro inconsistenza.
Non è più possibile valutare l’asset class nella sua generalità e questo può essere un passo decisivo per razionalizzare l’offerta concentrandosi sulle soluzioni migliori. Sotto un diverso profilo, il concetto di moneta virtuale perde valore e la denominazione di asset class con alta volatilità resta più idonea, insieme con l’attenzione dedicata al ruolo della blockchain, innovazione disruptive per il futuro.
La situazione è quindi ben diversa da quella registrata alla fine del 2017, quando l’innovazione raccolse la prima attenzione del mercato. E’ quindi corretto rivedere il commento elaborato all’epoca. Numerosi investitori e gestori considerano l’asset compatibile con la presenza nei portafogli di una certa dimensione, sfruttandone la volatilità con un’attenta gestione.
Immediatamente dopo il massimo valore registrato, le quotazioni sono calate in ragione delle numerose prese di beneficio. Gli asset manager istituzionali hanno valutato la consistenza della proposta, pur evidenziando l’inesistenza fisica del sottostante, ma riconoscendo la validità tecnica di un’innovazione attorno alla quale l’attenzione dei mercati cresce,mentre altre soluzioni sono difficilmente gestibili (il mercato obbligazionario) e molti portafogli sono distribuiti a bilanciere, fra liquidità altissima e forti investimenti azionari con quotazioni giudicate da molti elevate. Le criptovalute se ben progettate coprono un vuoto e raccolgono interesse (al momento). Il prossimo futuro giudicherà la resistenza nel tempo, rispetto all’evidente fattore moda del presente.
Certamente, è cresciuta la presenza degli investitori istituzionali, superando il peso di quelli retail, inizialmente dominanti. Inoltre, molte scelte hanno obiettivi di medio periodo per gestire l’alta volatilità, confidando nello sviluppo dell’utilizzo delle criptovalute e valutando, come doveroso, la crescente attenzione delle Authority verso il tema.
E’ un fattore di forza, la struttura dei progetti più validi con un limite alla “emissione” (il mining), l’efficienza della blockchain e la conseguente “trasparenza” dell’informazione su flussi estock disponibili e su quelli stabilmente conservati in alcuni portafogli. I dati evidenziano come il 90% dei bitcoin potenziali siano “minati” e solo il 20% sia effettivamente scambiabile, un flottante non lontano da quello di molti asset tradizionali. Il 60% è in mano ad “holder” orientati verso la detenzione. Le stesse statistiche giustificherebbero però un ritracciamento delle quotazioni, qualora prevalessero prese di beneficio in presenza di opportunità alternative.
Restano la perplessità in merito al contenuto reale dell’investimento, condizione anomala rispetto alla consuetudine, nonché circa la crescente indisponibilità del risparmio nel finanziare l’attività economica, uno scenario contrario rispetto alla storica relazione fra economia reale e finanziaria. Siamo davanti ad una rivoluzione comportamentale, oppure si gestisce un’illusionecon alta incertezza, rifugiandosi in un’area intangibile? Nel secondo caso si deve temere l’illiquidità del mercato al prevalere delle vendite.
Riassumendo:
- limitiamo l’attenzione ad alcune criptovalute e non generalizziamo; solo alcune la meritano;
- la blockchain è strumento di tutela per il futuro; rende visibile e conservabile la movimentazione di un bene che non ha consistenza;
- non si intravede un rapido effetto di sostituzione rispetto alla moneta; viene studiato con cautela un intervento delle Authority quali gestori della blockchain e, quindi, del controllo delle criptovalute, scelta in contrasto con l’autonomia originaria rispetto ai tradizionali istituti di emissione;
- si deve temere la rapidità della modifica delle preferenze degli operatori; la realizzazione dei guadagni resta virtuale per chi fosse entrato con prezzi elevati;
- rimane un asset class complementare e limitata a quote minime dei portafogli non orientati verso il rischio;
- la crescente attenzione di tutte le parti in gioco è forse utile per evitare la tradizionale conclusione traumatica di altre soluzioni di investimento.
DA ADVISOR – FEBBRAIO 2021