di Pierfrancesco Malu
Più che alla data ufficiale dell’inizio delle vaccinazioni, il famoso V-Day del 27 dicembre 2020 che rievoca idealmente, graficamente e nel suono della pronuncia inglese il D-Day del 6 giugno 1944 con cui iniziò la progressiva liberazione dell’Europa dall’esercito nazista nel corso della seconda guerra mondiale, la speranza era divampata nei cuori di milioni di italiani (ed europei) alcune ore prima, all’arrivo stesso dei vaccini nel nostro Paese scortati in tutta sicurezza dalle lunghe carovane militari, un’immagine a metà tra la parata e il cordone di sicurezza che contrastava ottimisticamente con la memoria della triste processione funebre dei camion militari che, in una spettrale notte della scorsa primavera, attraversarono Bergamo nottetempo.
Ebbene, forse illusoriamente condizionati dallo spirito delle feste, tutti pensammo che la lotta contro il nemico oscuro che ci condiziona ormai da un anno fosse finalmente, e sostanzialmente, vinta. La dimostrazione dei fatti, invece, è molto diversa e in tutta Europa (Italia compresa) si vedono nuovi lockdown, più o meno rigidi, che limitano, sospendono e confinano le vite di centinaia di milioni di cittadini europei. Beninteso che l’unica strada per raggiungere la libertà è e resta il vaccino abbinato a nuove ed efficaci terapie per la gestione delle infezioni ma, proprio, per questo (e in attesa di capire se i vaccini oggi a nostra disposizione saranno efficaci anche nei confronti delle varie forme mutate del virus) viviamo in una sorta di farmacrazia, ovvero in una nuova forma di governo dominata e governata sia dall’emergenza sanitaria sia dalle case farmaceutiche (e dalla ricerca in senso più ampio) le uniche in grado in questo momento di produrre soluzioni efficaci e risolutive nei confronti della pandemia. In questo caso, non si tratta né di fare polemica né di avanzare alcuna strampalata teoria del complotto. Tuttavia, è innegabile che i ritardi nelle consegne del vaccino Pfizer-Biontech all’Italia (vedremo poi nel resto d’Europa nonostante le rassicurazioni provenienti da Bruxelles), che riguardano una riduzione del 29% nei giorni scorsi e del 20% per quanto riguarda il prossimo lotto, condizionino pesantemente le scelte politiche ed economiche del nostro Paese, impedendo nell’immediato la vaccinazione degli ultra ottantenni, ma, di fatto, rallentando ulteriormente il processo di ripresa socio-economica di centinaia di migliaia di lavoratori arrivati ormai allo stremo delle loro forze.
È ovvio, infatti, che più dosi vengono distribuite e inoculate e più rapido può essere il processo di ritorno a quella normalità, che forse non avremo mai più indietro del tutto, al netto dei ritardi che possono coinvolgere la distribuzione delle regioni.
Al momento, non è del tutto chiaro a cosa siano dovuti i ritardi di Pfizer: se a problemi logistici, ritardi nella produzione o al tentativo stesso di incrementarla per soddisfare le richieste ma è chiaro che ulteriori posticipazioni nelle somministrazioni potrebbero non solo rallentare il già farraginoso crono programma governativo/regionale ma vanificare in parte anche quanto già fatto, dal momento che il vaccino Pfizer necessità di due somministrazioni a distanza di 21 giorni (con tolleranza massima di 48 ore).
La situazione che stiamo vivendo ha dello straordinario sotto ogni suo aspetto e nessun Paese al mondo, forse ad esclusione della Cina per certi aspetti, è in grado di offrire una risposta efficace e rapida alle esigenze del momento. Eppure, pur con le attenuanti generiche e quelle specifiche, rimangono alcune responsabilità nell’azione dei singoli governi costretti comunque ad essere “ostaggio” degli eventi.
L’Italia poi non solo non può più permettersi un inasprimento delle misure restrittive ma le imprese avrebbero anzi bisogno di aperture e di un progressivo allentamento delle restrizioni, in attesa, tra l’altro, di capire come verranno usate le risorse del Recovery Fund e se la partigianeria ideologica avrà la meglio sull’adozione o meno del MES. Nel frattempo, ancora più appesi alle oscillazioni della farmacrazia, i cittadini attendono l’approvazione e la distribuzione di altri sieri: si va da quello di Moderna, a quello di Astra Zeneca fino allo Sputnik. Nella speranza che siano tutti ugualmente efficaci nel proteggere la popolazione, ci auguriamo anche che l’esecutivo sia stato e sarà sufficientemente lungimirante dal diversificare l’approvvigionamento vaccinale per impedire il ripresentarsi di situazioni come quella attuale se non più gravi ancora, anche perché oggi (e probabilmente anche domani) le case farmaceutiche potrebbero diventare un importante strumento di politica estera capace di indirizzare le scelte di governi, enti ed imprese.