Nell’attuale panorama economico-finanziario, è venuta a crearsi una sorta di dicotomia tra operatori tradizionali e operatori digitali innovativi. In questo scenario competitivo, da un lato, le grandi compagnie tecnologiche internazionali hanno imparato a coltivare il rapporto con i propri clienti e accumulato un ampio credito in termini di fiducia, soprattutto tra i più giovani, ma non solo. Dall’altro lato, le banche – soggetti regolamentati e sottoposti a rigidi controlli – continuano a godere del credito dei loro clienti ma i giovani, nativi digitali e tendenzialmente non bancarizzati, hanno imparato a sviluppare anche uno stretto rapporto con social network, siti di e-commerce e piattaforme varie, le quali non hanno mancato di contraccambiare la fiducia in loro riposta fidelizzando il cliente.
Tale rapporto di fiducia tra clienti, utenti e big tech è fondato in buona parte su un fattore dal valore inestimabile, quantunque spesso ignorato da ciascuno di noi: i nostri dati, il vero “oro nero” del mercato digitale.
Lo stretto rapporto di fiducia instauratosi tra utenti e compagnie è un aspetto che emerge fortemente anche da una recente (e inedita) ricerca svolta dal Centro Studi APSP secondo la quale circa il 70% degli intervistati (giovani dell’ultimo anno di scuola superiore) riporrebbe una fiducia quasi incondizionata per quanto concerne la fruizione dei servizi finanziari in Facebook qualora fosse un soggetto sottoposto a regolamentazione.
Sono due gli aspetti salienti di questo dato. Il primo è la conferma che i giovani, per predisposizione e facilità di utilizzo ripongono fiducia in soggetti che percepiscono più vicini e familiari. Il secondo è che ritengono sia importante che tali operatori innovativi vengano sottoposti ad una regolamentazione giuridica alla quale attualmente in buona parte sfuggono.
Dalla Lira alla Libra, la nuova moneta mondiale?
La creazione del “Consorzio Libra” è un vero e proprio punto di volta nel mondo economico-finanziario internazionale. Che il progetto vada in porto o no, messo sotto la lente d’ingrandimento dalle autorità di vigilanza di mezzo mondo, rappresenta pur sempre un nuovo modo di concepire l’offerta di servizi finanziari.
Facebook ha annunciato la prima moneta completamente virtuale che punta ad essere una valuta digitale globale, garantita da un paniere composto da valute internazionali e titoli di debito. Questo è il primo aspetto che la differenzia dalle “classiche” cripto valute e la denota piuttosto come una sorta di stablecoin, aumentandone la spendibilità presso gli stati.
Un altro aspetto che discosta Libra da, ad esempio, il Bitcoin è la decentralizzazione. Libra, infatti, non si basa su blockchain ma su Merkel Tree, uno strumento molto potente e legato all’ecosistema crittografico delle cripto valute, da non confondere con la catena di blocchi e con le sue peculiarità.
In poche parole, Facebook, si appresta a diventare una banca a tutti gli effetti, ma in un modo nuovo e mai visto prima d’ora.
Una questione di dati e di regole
Da settimane, autorità e commentatori ragionano sugli aspetti regolamentari che riguardano Libra perchè è ovvio che non possa agire senza un adeguato castello normativo. Nonostante, infatti, anche un’audizione al Senato degli Stati Uniti, al momento, non è nè chiaro nè convincente il modo in cui Libra intenda rapportarsi a temi cruciali come quelli della privacy e dell’antiriciclaggio.
Come emerso, infatti, anche dal rapporto della Banca dei regolamenti centrale sull’attività finanziaria svolta dai big tech, è necessario creare una nuova “bussola” per regolamentare i colossi tecnologici che svolgono attività finanziaria sia dal lato economico, sia, dal lato di rispetto della privacy e dell’accesso ai dati. Ora più che mai, l’apporto regolatorio diventa indispensabile per permettere che vi siano regole uguali per operatori che svolgono lo stesso tipo di attività all’interno del medesimo ecosistema.
A differenza di quanto possa sembrare, i dati e il loro utilizzo sono il vero snodo cruciale per lo sviluppo e la riuscita di Libra, così come delle attività delle altre Big Tech. Nel momento in cui, infatti, Facebook diventa fornitore di servizi finanziari e “batte moneta”, sarà anche in possesso di una mole di dati che nessun altro operatore è in grado di eguagliare. L’aspetto fondamentale di questa vicenda, sarà, quindi, il modo in cui i regolatori saranno in grado di porsi nei confronti di Facebook che possiede già i dati di oltre 2,4 miliardi di persone interconnesse nel suo ecosistema. E’ chiaro che la piattaforma di Zuckerberg abbia lanciato la sfida al sistema finanziario occidentale: il mercato europeo dei pagamenti, il più ricco, ad esempio, interessa solo 500 milioni di persone.
In conclusione, sempre a differenza dei bitcoin, con Libra non siamo in presenza di un progetto di decentralizzazione ma, tutt’al più, davanti ad un nuovo soggetto ben definito che intende ricoprire lo spazio lasciato libero da altri o appropriarsene con la forza dei dati.
L’ingresso di Libra nell’ecosistema finanziario e digitale rappresenta un potenziale cambio di passo e di prospettiva. Se da un lato, infatti, potrebbe diventare uno strumento di formidabile inclusione finanziaria e di incentivo alla digitalizzazione dei pagamenti e dei servizi per milioni di persone, dall’altro mostra (anche per ampiezza e autorevolezza dei partner) la potenzialità di cambiare irrimediabilmente il panorama che fino ad oggi abbiamo imparato a conoscere.
Infine, Libra, lungi dall’essere il fantasioso progetto di qualche ricco magnate che vuole togliersi uno sfizio, e ben lontano anche dal realizzare il sogno keynesiano di una moneta di riserva infrantosi a Bretton Woods, appare più come l’articolato e ben guidato progetto di frantumare “l’ordine costituito” da parte di una potente consorzio “senza scopi di lucro”.
Lo studio di APSP sugli operatori finanziari europei
Al fine di comprendere meglio l’attuale scenario europeo dei prestatori di servizi di pagamento, delle challenger banks, degli istituti di pagamento e di moneta elettronica anche a seguito delle innovazioni introdotte dalla normativa PSD2, l’A.P.S.P. ha promosso lo “European PSP’s Benchmark”, uno studio fondato su un’eccezionale pluralità di fonti e su un accurato metodo di ricerca che sarà presentato nel corso di un evento dedicato il 29 ottobre 2019 a Milano presso l’Hotel Lombardia.
Tale studio analizza tre tipologie di prestatori di servizi di pagamento: le challenger banks – con licenza bancaria – gli istituti di pagamento e di moneta elettronica (IP e IMEL) e i facilitatori di servizi di pagamento. Di tutti gli operatori sono evidenziati i costi, i prodotti, i servizi, VAS, il grado di apprezzamento, la chiarezza e la completezza dell’offerta. Una sezione dello studio è dedicata alle asimmetrie regolamentari presenti nel mercato. Costante del report è l’analisi fattuale dell’interazione tra i vari soggetti che condividono il mercato e il contesto normativo nel quale questi operano.
Lo studio esamina, poi, i modelli di business degli operatori con particolare attenzione a quelli delle challenger banks e degli IMEL e li confronta con il modello di business tipico delle banche tradizionali al fine di identificarne le aree di concorrenza. Sono analizzati, inoltre, i processi di on-boarding e di adeguata verifica utilizzati per l’acquisizione della clientela, confrontati sulla base della velocità delle procedure e della semplicità dei processi.
Infine, si analizzano gli aspetti regolamentari rilevanti degli operatori considerati e le differenze con quanto previsto dalla legislazione italiana per gli operatori con sede in Italia.