STUDIO AGICI-FICHTNER SULL’IDROGENO IN ITALIA FINANZIAMENTI PUBBLICI DA 1,14 MILIARDI DI EURO MA IL GAP CON GLI ALTRI PAESI UE RESTA ELEVATO
L’ingresso dell’Italia nel mercato dell’idrogeno passa soprattutto dai finanziamenti pubblici: ammontano a 1,14 miliardi di euro i fondi allocati con il PNRR nel 2023 (su un totale di 3,9 previsti), che hanno contribuito a incrementare del +93% le iniziative in ambito idrogeno rispetto al 2022. Un andamento in netta crescita, su cui però si rileva la necessità di introdurre degli incentivi per abbattere i costi operativi e stimolare ulteriormente gli investimenti. Inoltre, la strada per l’adozione di una chiara visione strategica nazionale sull’idrogeno sembra ancora lunga, mentre altri Paesi (ad esempio Germania, Paesi Bassi, Regno Unito) hanno già definito il loro ruolo all’interno dello scenario europeo.
Sono queste alcune delle evidenze emerse dal Workshop Annuale dell’Osservatorio H2 Verde Agici-Fichtner, dal titolo “Idrogeno: da scommessa a pilastro della decarbonizzazione. Serve un cambio di passo!”, che si è tenuto oggi a Milano. Il workshop ha presentato i risultati delle ricerche dell’Osservatorio, giunto alla sua seconda edizione, che ha analizzato le iniziative e strategie per l’idrogeno dei principali operatori energetici in Europa, esaminando lo stato dell’arte delle tecnologie per produzione, trasporto e consumo, e ha confrontato le scelte di policy di un gruppo selezionato di Paesi con un inquadramento del contesto italiano.
Tra le prime indicazioni, lo studio Agici-Fichtner dimostra come le tecnologie per l’idrogeno siano già presenti e diffuse, ma le capacità di applicarle in un modello di scala sono ancora limitate. Un particolare approfondimento è stato condotto sulle tecnologie per gli elettrolizzatori, facendo emergere come maggiormente efficienti quelli alcalini e a membrana a scambio protonico (PEM). Rispetto a quest’ultimi, le previsioni dell’Osservatorio mostrano come uno scale up della produzione possa dimezzarne i costi entro il 2030 (da 800 a 400 €/kW). Focus anche sulle modalità di trasporto dell’idrogeno: attraverso un’analisi comparativa, l’Osservatorio ha mostrato come le pipeline (idrogenodotti) siano preferibili per il trasporto di grandi volumi su lunghe distanze, mentre per quanto riguarda volumi più piccoli il trailer resta la soluzione più efficace.
Nella parte conclusiva, lo studio analizza le strategie dei principali Paesi europei (e non solo) fornendo indicazioni per definire un modello di market design per l’Italia. Dal confronto condotto dall’Osservatorio, emerge come i Paesi benchmark – Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Stati Uniti – abbiano ormai delineato il proprio ruolo all’interno del quadro globale, specializzandosi nell’import (ad es. la Germania), nell’export (Stati Uniti) o nella produzione per specifici cluster industriali (Regno Unito).
L’Italia deve ancora completare la definizione di una visione strategica che possa inserirla in maniera decisa nel panorama internazionale: quello che si osserva è una scarsa integrazione delle iniziative lungo la value chain e una concentrazione di progetti con capacità di produzione di piccola taglia. Un impulso agli investimenti è stato dato dai finanziamenti PNRR ma, secondo le conclusioni del rapporto, è necessario definire un modello di market design chiaro: si tratta di costruire una strategia che possa formulare un sistema di approvvigionamento e consumo, pianificare lo sviluppo infrastrutturale e un quadro di incentivi – in particolare sugli OPEX – destinati alla creazione di un mercato nazionale che sia veramente competitivo.
“L’idrogeno verde rappresenta oggi uno degli elementi cardine della strategia di decarbonizzazione definita dall’Unione Europea e, in quanto tale, è salito in cima all’agenda di operatori e Paesi”, ha commentato Stefano Clerici, Consigliere Delegato di Agici. “È in corso un cambio di paradigma nel modello di produzione energetica e diversi Stati si sono già mossi per adeguarsi, definendo chiaramente il loro ruolo nello scenario internazionale dell’idrogeno. In questo quadro, l’Italia si trova in ritardo. Anche sulla base del contesto regionale che si sta delineando, riteniamo che l’Italia possa ritagliarsi un ruolo di produttore della molecola, già nel breve periodo, e di hub di transito, nel medio-lungo periodo, tra Mediterraneo e del Nord Europa”, ha concluso.
“Dal punto di vista della realizzazione dei progetti non ci sono temi tecnologici ostativi, bensì è necessario acquisire tutte le competenze per la migliore attuazione”, ha dichiarato Massimo Andreoni, Head Management Consulting Fichtner. “Infatti, la complessità dell’ecosistema di soggetti coinvolti – produttori, consumatori, operatori di logistica – e della filiera tecnica richiedono competenze oggi ancora non pienamente disponibili sul mercato. La scelta oggi obbligata di sistemi “chiusi”, cioè autosufficienti, non deve fare perdere di vista l’obiettivo strategico dello sviluppo di infrastrutture per tutta la filiera dell’idrogeno”