Negli ultimi diciassette mesi, la Guardia di Finanza ha messo sotto sequestro criptovalute per un valore superiore a 73 milioni di euro, prevalentemente legate a casi di riciclaggio di denaro e attività finanziarie irregolari. A comunicarlo è stato il generale Luigi Vinciguerra, responsabile del III Reparto Operazioni del Comando Generale, durante la sua intervista rilasciata a Mario Nobili, in occasione della cerimonia per il 251° anniversario dalla fondazione del Corpo. Vinciguerra ha sottolineato come l’approccio operativo sia improntato a reagire con prontezza a fenomeni in rapida trasformazione, una linea d’azione che rispecchia le recenti indicazioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
Tra le minacce più attuali segnalate dal generale spiccano le stablecoin, una particolare categoria di criptovalute il cui valore è ancorato a valute fiat, come il dollaro statunitense o l’euro. Questi strumenti digitali, unendo la stabilità nel valore alla rapidità delle transazioni tipica della blockchain, rappresentano per le organizzazioni criminali un mezzo efficace per movimentare fondi illeciti. Proprio per questo, le stablecoin sono sempre più utilizzate come tramite tra il mondo della finanza tradizionale e quello delle criptovalute, dove è più difficile tracciare l’origine del denaro. Un rapporto pubblicato da Chainalysis nel marzo 2025 ha rilevato che nel corso del 2024 i portafogli digitali riconducibili a reti criminali hanno ricevuto complessivamente circa 40 miliardi di dollari in criptovalute, di cui il 60% proprio in stablecoin.
Per far fronte a questa nuova frontiera del crimine finanziario, la Guardia di Finanza ha adottato un modello d’intervento articolato su due livelli: prevenzione e contrasto diretto. In ambito preventivo, sono stati potenziati i programmi di formazione per gli operatori specializzati, introdotti strumenti avanzati per l’analisi delle transazioni in blockchain e rafforzate le collaborazioni con altri organismi sia a livello nazionale che internazionale. Sul piano repressivo, l’azione del Corpo si concretizza con inchieste approfondite, sequestri e interventi mirati.
Il riciclaggio di denaro non è un fenomeno isolato, ma si intreccia spesso con l’evasione fiscale e le frodi. Una modalità ormai frequente è quella del cosiddetto riciclaggio attraverso il commercio, in cui operazioni commerciali apparentemente lecite vengono sfruttate per trasferire somme di denaro di provenienza illecita, nascondendone l’origine e facendole rientrare nel circuito legale. In questo ambito, la fatturazione elettronica si è rivelata uno strumento cruciale per le indagini. L’emissione di fatture fittizie, che simulano operazioni inesistenti, consente infatti di giustificare movimenti di denaro sospetti. I dati più recenti mostrano che, anche grazie alle informazioni derivanti dalla fatturazione elettronica, sono stati denunciati quasi 21 mila soggetti per violazioni tributarie, con 496 arresti, e sequestri per oltre 6,2 miliardi di euro.
Un altro fronte particolarmente attivo è quello dell’economia digitale, in particolare legata al mondo degli influencer e dei content creator. Le indagini condotte in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate hanno evidenziato forti discrepanze tra la visibilità online di certi soggetti (misurata ad esempio dal numero di follower) e i redditi ufficialmente dichiarati. Sono emerse situazioni in cui i guadagni ottenuti da collaborazioni pubblicitarie o da attività su piattaforme social non sono stati dichiarati. In alcuni casi, sono state create società di comodo per sfruttare regimi fiscali più favorevoli, oppure sono state simulate residenze all’estero con il solo scopo di evitare l’imposizione fiscale in Italia.
Anche nel commercio tradizionale continuano a emergere nuove tecniche per occultare i guadagni. Un esempio è l’uso scorretto dei dispositivi POS, attraverso cui si effettuano pagamenti con carte o bancomat. Alcuni esercenti utilizzano terminali collegati a conti esteri o intestati a soggetti terzi, rendendo difficile per il Fisco tracciare i flussi di denaro. In un recente controllo, un esercente è stato scoperto mentre occultava oltre un milione di euro di ricavi non dichiarati.
La Guardia di Finanza sta dunque concentrando i propri sforzi sui contribuenti considerati a rischio più elevato, utilizzando un confronto incrociato tra i dati reali dei pagamenti elettronici incassati e quelli registrati a livello contabile. Questo metodo ha già portato alla luce anomalie significative.