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Home Welfare

L’Italia al centro del futuro di Coverflex: general manager Guffanti, “Il welfare non è solo per chi ha figli: sfatiamo un mito”

16 Maggio 2025
in Welfare
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L’Italia al centro del futuro di Coverflex: general manager Guffanti, “Il welfare non è solo per chi ha figli: sfatiamo un mito”
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In un contesto economico e lavorativo in continua evoluzione, il welfare aziendale si sta affermando come uno degli strumenti chiave per migliorare il benessere dei dipendenti e la competitività delle imprese. Coverflex, piattaforma europea attiva in Portogallo, Spagna e Italia, si propone di semplificare e rendere più accessibile la gestione di benefit e soluzioni di welfare attraverso un approccio tecnologico e orientato all’esperienza utente.

Con oltre duemila aziende clienti in Italia, principalmente piccole e medie imprese, l’azienda si sta ritagliando un ruolo sempre più rilevante nel panorama nazionale, puntando su innovazione, semplicità d’uso e vantaggi fiscali concreti.

Arena Digitale intervista il general manager di Coverflex Italia, Andrea Guffanti

Quante aziende italiane hanno già adottato la piattaforma di Coverflex e quali sono i settori più ricettivi?

Oggi come numeri andiamo verso le duemila aziende in Italia, mentre a livello europeo/a livello global abbiamo oltre le undici mila aziende. Oggi, Coverflex è operativa in Portogallo, Spagna e Italia.

I settori più ricettivi sono il manifatturiero, i servizi IT a consulenza. Generalmente, siamo un’azienda ancora molto focalizzata sulle Pmi. Inoltre, la media dei nostri clienti sono piccole e medie imprese.

Abbiamo anche qualche grande cliente, però principalmente ci muoviamo su una fascia di piccole e medie imprese, che sono la maggior parte in Italia.

Quali feedback avete ricevuto dalle aziende italiane riguardo ai vantaggi fiscali e al coinvolgimento dei dipendenti?

Il vantaggio fiscale è sempre l’aspetto che, all’inizio, incuriosisce le aziende. È interessante vedere come queste ultime non siano solo attratte da questo fattore, ma anche da una leva strategica. Dunque, il welfare, viene visto come uno strumento che ha un impatto sul benessere e sull’engagement dei dipendenti, che a questo punto sono motivati. Ciò comporta anche un aumento di produttività.

Ogni anno teniamo un osservatorio sulla retribuzione. Nell’edizione dello scorso anno abbiamo riscontrato che circa il 63% dei lavoratori italiani, considera il welfare aziendale un supporto concreto alla propria vita quotidiana.

Un ulteriore aspetto interessante è la maggior stabilità da un punto di vista normativo. Anche quest’anno è stata confermata la soglia Fringe Benefit pari a mille euro, per persone senza figli. Per chi ha figli a carico duemila euro. Una stabilità che consente alle aziende di testare più facilmente questo tipo di strumenti. I fringe benefit, più comunemente chiamati buoni acquisto, sono punti di ingresso per tante aziende in questo mondo, le quali si rendono conto di quanto sia semplice utilizzare tali strumenti, interessandosi ad altri servizi di tipo welfare.

Quali ostacoli principali avete incontrato nel mercato italiano e come li avete superati?

I più grandi ostacoli sono frammentazione e burocrazia. Da una parte sfide, dall’altra opportunità.

La maggiore sfida che abbiamo incontrato è stata quella di sfatare un mito che si traduce nel welfare percepito come qualcosa di difficile da utilizzare. Si tratta, infatti, di un mondo al quale le aziende stesse, spesso, non si avvicinano, poiché i dipendenti non sono interessati all’argomento o percepiscono il welfare destinato solo a chi ha figli.

Come stiamo cercando di sfatare tutta questa serie di miti? Con la tecnologia e con la user experience.

Cerchiamo di mettere al centro l’esperienza del dipendente finale. Ogni volta, dunque, che costruiamo un servizio, lo facciamo come se fossimo un’azienda B2C, pensando all’utilizzatore finale, alla sua esperienza e cercando di far sì che questa risulti essere più semplice possibile. Tutto questo lo facciamo con la nostra grande innovazione: veicolare il welfare tramite una voucher card che abbiamo sviluppato in partnership con Visa.

Questo aspetto è rivoluzionario nel momento in cui, tramite questo strumento, è possibile accedere a un numero ampio di strutture. Si tratta, infatti, di un’innovazione che non risponde più solo a una determinata categoria di dipendenti, ma a tutti.

Fino a questo momento abbiamo parlato del dipendente. Tuttavia, anche dal punto di vista dell’azienda cerchiamo di essere innovativi, poiché è proprio quest’ultima che acquista questi servizi per poi renderli disponibili ai propri dipendenti. Anche sui flussi di interazioni cerchiamo di essere estremamente innovativi. Infatti, la gestione dei benefit per i referenti delle Risorse Umane è snella, centralizzata, con una dashboard unica, una piattaforma unica. Si tratta di un’esperienza molto User Friendly, anche dal punto di vista delle Risorse Umane.

Quali sono le sue priorità per lo sviluppo di Coverflex nel mercato italiano per il futuro?

In Italia, siamo un’azienda relativamente giovane. Per questo motivo la nostra priorità principale è la continua crescita, in particolare aumentare il numero delle imprese con le quali lavoriamo. Oggi, possiamo dire che il nostro prodotto in Italia è ormai un punto chiave della strategia aziendale a 360 gradi.

In secondo luogo, ci concentriamo sull’educazione al mondo del welfare. In Italia, la maggior parte delle aziende non utilizza soluzioni welfare. I numeri sono in aumento, poiché si parla di servizi sempre più utilizzati, ma ancora molte organizzazioni non conoscono neanche i vantaggi fiscali che il welfare mette loro a disposizione.

Infine, la nostra terza priorità è l’innovazione del prodotto. Rispetto a quelle che sono le soluzioni attuali siamo già molto avanti in questo ambito. A ogni modo, cerchiamo di proseguire nell’innovazione e nell’aggiunta di servizi, rendendo il tutto sempre più semplice e facile da utilizzare.

Coverflex punta a raggiungere un milione di utenti in Europa nei prossimi anni: quale sarà il contributo dell’Italia a questo obiettivo?

Quello dell’Italia, in questo senso è un ruolo centrale. Oggi, l’azienda, in Portogallo, è leader di mercato. Nel nostro Paese siamo ancora agli inizi del percorso ed è il mercato su cui Coverflex sta puntando maggiormente.

Pur essendo il secondo mercato (il primo in Portogallo), per Coverflex, l’Italia sarà quello principale per i prossimi tre o quattro anni. Anche solo per le dimensioni, il Paese è destinato a superare il Portogallo. Coverflex è un’organizzazione che avrà sempre di più l’anima italiana.

Sono previste partnership per accelerare la crescita di Coverflex sul territorio? Se sì quali?

Sì, sono previste. Partnership ne abbiamo in due direzioni: acquisizione di aziende e acquisizione di esercenti per quanto riguarda il prodotto buono pasto.

Quest’ultimo, in particolare, deve avere delle dinamiche ben precise; quindi, è richiesta una serie di catene, come ad esempio collaborazioni che sono state strette nel mondo Food. Dal punto di vista delle aziende, stiamo stipulando intese con associazioni di professionisti e consulenti del lavoro.

In che modo intende adattare l’offerta di Coverflex, in particolare al contesto normativo e culturale italiano in tema di welfare aziendale?

L’adattamento al contesto normativo è stato già svolto. Per operare in Italia è stato costruito un modello che non è identico a quello del Portogallo e Spagna, ma adattato alle normative vigenti in Italia.

Dunque, il lavoro iniziale si è basato sulla valutazione del modello. Nel nostro Paese, la normativa si muove in maniera veloce, per cui noi abbiamo un rapporto continuo e diretto con fiscalisti e consulenti del lavoro, con i quali aggiorniamo il nostro prodotto. Dal momento che siamo una realtà giovane e innovativa, questo è un punto per noi molto importante. A volte queste caratteristiche fanno sì che un’impresa in Italia sia sotto una lente d’ingrandimento. Per tale motivo, da questo punto di vista cerchiamo di essere proattivi, svolgendo tutto prima che ci venga richiesto.

Per quanto riguarda, invece, il contesto culturale, una grande differenza in Italia rispetto agli altri Paesi in cui siamo è l’importanza dei buoni pasto. Uno strumento welfare che, nel Bel Paese, storicamente, spesso è il più conosciuto e più sdoganato. Ciò non vale necessariamente anche per Paesi come Spagna e Portogallo. In Italia, i dipendenti sono particolarmente affezionati a questo strumento (ancora più che altri aspetti del welfare), poiché, in fin dei conti, aiuta e supporta in quello che è un bisogno primario, ovvero mangiare.

Un ultimo punto fondamentale è quello di presentare il nostro prodotto con semplicità, soprattutto rispetto a quelli che sono i vecchi processi di burocrazia.

A questo proposito, quali sono le aree del welfare più richieste dai lavoratori italiani oggi? E quali quelle ancora poco esplorate dalle aziende?

Le più richieste sono i buoni pasto, passando poi per i buoni acquisti e i buoni benzina. Se oggi chiedessimo a un italiano medio che cosa ne pensa del welfare, elencherebbe questi tre punti principali.

Si tratta, infatti, dei servizi più comunemente erogati anche dalle piattaforme tradizionali. Ciò su cui, invece, si può spingere molto per il futuro sono la cura della famiglia, il benessere mentale, la formazione extraprofessionale, trasporto pubblico. Sono aree un po’ meno utilizzate.

Dunque, ciò che cerchiamo di fare è di “democratizzare” l’accesso anche a questa tipologia di servizi, rendendone più facile la fruizione. Così facendo, intendiamo spostare l’attenzione degli italiani non solo sui buoni pasto, buoni acquisti e buoni benzina, che sono sicuramente un punto di partenza, ma anche su tutti questi altri servizi.

Tags: andrea guffanticoverflexcoverflex italiaGeneral managerintervistaitaliaportogallospagnawelfare
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