Nel primo trimestre del 2025 le grandi imprese associate a Confindustria mostrano un maggiore ottimismo rispetto all’ultimo quarto dello scorso anno. Secondo i risultati dell’indagine rapida sulla produzione industriale dei primi tre mesi dell’anno, il 53% degli intervistati prevede una produzione stabile, il 32,4% si aspetta un aumento e il 14,6% una contrazione. Questo dato segna un miglioramento rispetto al quarto trimestre del 2024, quando la quota di chi prevedeva un aumento si fermava al 26,9%, mentre chi prevedeva una diminuzione era il 28,4%.
Gli industriali continuano a considerare la domanda e gli ordini come i principali fattori di sostegno alla produzione, con un saldo positivo in crescita: a marzo, ha raggiunto il 6,1%, rispetto al 2,5% registrato a febbraio. Le previsioni sulla disponibilità di manodopera mostrano un lieve miglioramento, pur restando in territorio negativo con un saldo al -0,1%. Al contrario, i costi di produzione continuano a peggiorare per il secondo mese consecutivo, passando da -3,0% a gennaio a -5,7% a febbraio e raggiungendo -8,1% a marzo.
Anche le attese sulle condizioni finanziarie, pur restando positive, peggiorano: dopo aver toccato un picco del 7,2% il mese scorso, il saldo scende al 2,1% a marzo. Per quanto riguarda la disponibilità di materiali, il saldo resta negativo, ma con un leggero miglioramento (-3,2% rispetto al -3,9% precedente). Più incoraggianti, invece, i giudizi sulla disponibilità di impianti, che si mantengono positivi e mostrano un incremento da 0,8% a 3,2%.
Nel questionario di marzo è stato chiesto agli industriali come si collocano rispetto al fenomeno del labor hoarding, ossia la tendenza delle aziende a trattenere la forza lavoro anche in presenza di un calo della produzione. Dai risultati emerge che il labor hoarding coinvolge più di un terzo dei rispondenti (34,7%). Vi è invece un 16,3% del campione che, a fronte di cali della produzione, dichiara di aver ridotto l’occupazione. Per la restante metà dei rispondenti il fenome-no non è invece rilevante perché le loro imprese non stanno affrontando un rallentamento dell’attività produttiva. Tra coloro che hanno scelto di trattenere la forza lavoro, il 37,8% sta gestendo la situazione attraverso la cassa integra-zione o la riduzione temporanea delle ore lavorate. Un altro 34,8% ha deciso di mantenere le competenze già presenti in azienda, consapevole delle difficoltà e dei costi elevati nel reperire nuovo personale qualificato. Il 27,4% sta assu-mendo nuovo personale con competenze adeguate per far fronte alla trasformazione dei processi produttivi, come nuovi prodotti o tecnologie.
A febbraio, forte flessione di RTT
RTT, costruito in base ai dati sul fatturato, destagionalizzato e deflazionato, del campione di imprese clienti di TeamSystem, registra un forte calo a febbraio (-4,2%). L’indicatore mostra una riduzione nei servizi e nell’industria, mentre reggono le costruzioni.
Il dato aggregato di RTT per l’economia italiana. A febbraio, RTT indica un forte calo del fatturato a prezzi costanti delle imprese, pari a -4,2%, che erode interamente l’aumento di gennaio. A causa di tale flessione, RTT registra nel primo trimestre 2025 una variazione acquisita negativa del fatturato.
RTT per i macro-settori produttivi. Il calo di RTT nell’industria (-3,8% a febbraio) più che compensa il buon dato di gennaio. Nei servizi, andamento analogo, con la flessione di febbraio più forte dell’aumento di gennaio. La variazione acquisita nel 1° trimestre 2025 è negativa sia nell’industria che nei servizi. Nelle costruzioni, RTT è in controtendenza: moderato aumento a febbraio (+0,1%) dopo la flessione di gennaio, variazione acquisita positiva nel primo trimestre.
RTT per le macro-aree e le dimensioni d’impresa. RTT a febbraio registra un calo in tutte le aree geografiche, il maggiore al Nord-Ovest, il più moderato al Sud (-1,5%). Le variazioni acquisite per il primo trimestre mostrano, in modo analogo, un calo in tutte le aree del Paese. RTT indica a febbraio flessioni significative del fatturato per tutte le dimensioni di impresa: più profonda per le grandi, meno per le piccole (-3,9%). Di conseguenza, la variazione acquisita nel primo trimestre è negativa per tutte le classi dimensionali, soprattutto per le grandi imprese.