Per quanto i mercati finanziari stiano attualmente vivendo settimane di forti oscillazioni, dettate in maniera più o meno diretta dalle continue dichiarazioni di Donald Trump sui dazi, gli investitori internazionali sembrerebbero essere più proiettati a scontare una possibile guerra commerciale su vasta scala che potrebbe materializzarsi da un momento all’altro, per quanto la Cina, uno dei pochi partner commerciali già soggetta a tariffe, continui a crescere sui listini azionari.
Sotto il profilo valutario, un leggero allentamento delle tensioni sul fronte russo ha garantito un leggero rimbalzo delle quotazioni della coppia EUR/USD, arrivata in zona 1.0500 in apertura odierna. Per la giornata di oggi, si attendono in mattinata le rilevazioni preliminari sullo stato di salute del settore manifatturiero (stime in rialzo da 46.6 a 46.9 punti) e servizi (proiezioni in miglioramento da 51.3 a 51.5 punti) dell’Eurozona, mentre nel pomeriggio sono attese le stesse misurazioni per gli Stati Uniti (previsioni settore manifatturiero in lieve aumento da 51.2 a 51.3 punti, stime settore servizi in leggero rialzo da 52.9 a 53.0 punti), nonché i dati revisionati sulla fiducia dei consumatori redatta dall’Università del Michigan (proiezioni invariate a 67.8 punti).
Cina: falliscono le misure per stabilizzare il mercato immobiliare
Contrariamente da quanto ipotizzato dai decisori politici cinesi, gli strumenti chiave introdotti da Pechino lo scorso anno per stabilizzare il mercato immobiliare, stanno avendo un impatto solo marginale sul sistema economico, spingendo il Governo a trovare nuove soluzioni per mitigare i rischi di un crollo del settore.
Per quanto rivoluzionario, il programma di ristrutturazione annunciato a maggio del 2024 dalla Banca Popolare Cinese, che comprendeva la restituzione di trecento miliardi di yuan dei cinquecento miliardi in prestiti alle aziende controllate dai governi locali per acquistare le case invendute e riconvertirle in alloggi a prezzi accessibili, non avrebbe generato i risultati sperati, mentre gli analisti sono sempre più convinti che sia necessario un intervento più diretto da parte del Governo.
Inflazione giapponese in rialzo
In base a quanto emerso dalle ultime rilevazioni dello Statistics Bureau, l’inflazione al consumo core del Giappone avrebbe toccato il 3,2% a gennaio (contro il 3% di dicembre), segnando il ritmo più rapido da diciannove mesi, e rafforzando le aspettative che la Banca Centrale nipponica continuerà ad aumentare i tassi di interesse di riferimento, considerati ancora troppo bassi per contrastare il rialzo dei prezzi.
Come immediata conseguenza della pubblicazione, i rendimenti obbligazionari hanno subito aumento, in quanto gli operatori di mercato hanno già iniziato a scontare con più sicurezza la probabilità che la Bank of Japan possa muoversi in modo più aggressivo sul costo del denaro. Questa prospettiva trova particolare riscontro se considerato che, per quasi 3 anni, la crescita dei prezzi ha consistentemente superato l’obiettivo del 2%, fissato dai decisori politici.