Il Covid19 ha prodotto catastrofici effetti a 360°, da quelli sanitari a quelli economici e sociali. Al fianco di settori che hanno addirittura tratto giovamento dalla crisi sanitaria ve ne sono altri letteralmente prostrati, ad iniziare dal turismo, dalla ristorazione e da buona parte della vendita al dettaglio non alimentare.
Dalla fine del 2020 (a tempo di record) si è accesa una luce di speranza con la distribuzione delle prime dosi dei vaccini, presto fattasi però fioca a causa dei problemi nella produzione, nella catena di approvvigionamento e di distribuzione che stanno dando modo al virus di mietere ancora centinaia di migliaia di vittime dirette ed indirette ogni giorno.
Eppure, la strada da percorrere non può che essere quella dei vaccini.
Lo dimostra il fatto che nei paesi in cui la somministrazione è proceduta a ritmi spediti, come ad esempio in Israele, la vita sembra riprendere lentamente la normalità perduta. In Italia, invece, in attesa di raggiungere le 500 mila dosi giornaliere da somministrare recentemente auspicate dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, ci interroghiamo su come dovrà essere affrontata la fase in cui, prima del raggiungimento dell’immunità di gregge, vi saranno però già milioni di immunizzati, guariti o semplicemente negativi.
La soluzione potrebbe essere quella di adottare il cosiddetto Passaporto vaccinale, ovvero un documento che attesti l’immunizzazione ricevuta o, in alcuni casi, la guarigione o la comprovata negatività al virus. Un tale documento ha la doppia funzione di permettere la riapertura di numerosi servizi e attività commerciali e di garantire la sicurezza delle persone che vi fanno ricorso. In questa fase, i progetti avanzati sono già numerosi e nei giorni scorsi anche la Commissione UE, per voce del Presidente Ursula von der Leyen, ha annunciato il progetto del “green pass” che consentirebbe la progressiva ripresa della normalità.
Il tema ci introduce a numerose implicazioni in tema di privacy, identità digitale e gestione e sicurezza dei dati personali, tanto che lo stesso Mario Draghi nel corso di un intervento in Senato ha evidenziato che il green pass non dovrebbe diventare uno strumento di discriminazione, ma è chiaro che rappresenti una credibile chiave di volta per allentare i legacci che stringono al collo la nostra economia.
Le autorità europee dovranno, anzi, vigilare attentamente sulla tutela dei dati e della privacy, anche perché la probabile scelta dello standard del Consorzio 3WC probabilmente avrebbe potuto essere più accurata e meglio ponderata considerata la rilevanza dei dati in questione.
Sempre dal punto di vista tecnico, una volta scelta la soluzione più idonea, è necessario chiarire con trasparenza e in tempi rapidi: come si intende generare il QR Code del passaporto, quale sia la sua validità e se il dato verrà validato da una Certification Authority pubblica. Inoltre, è importante comunicare ai diretti interessati quali soluzioni crittografiche si intende adottare e come saranno trattati i dati personali, necessariamente in stretta ottemperanza con il GDPR. Per favorire la buona riuscita di un’operazione del genere il cittadino deve essere pedissequamente informato senza possibilità di fraintendimento o di zone grigie sul modo in cui saranno gestiti i suoi dati e sul controllo che potrà esercitare in prima persona.
Anche per dare più facilmente risposta a questi motivi, è basilare che tale documento venga prodotto, rilasciato e gestito da autorità pubbliche cui spetterà custodire e proteggere i dati personali oltre a garantirne trasparenza ed interoperabilità con le amministrazioni degli altri stati e dell’UE stessa. Sebbene, infatti, vi siano già diverse proposte di certificato vaccinale di per sé interessanti non è da ritenersi conveniente che un tal genere di informazioni possano essere detenute da un ente privato, che potrà però avere facoltà di integrare il sistema anche se non di definirne i tratti.
A parte tutto ciò, giungere all’adozione di un passaporto vaccinale sostanzialmente sicuro e attendibile rappresenta un passo importante che permettera’ di ripartire, al netto poi del dibattito politico scientifico e sociale su identita’ digitale, privacy e sicurezza sanitaria che potrebbe anche portare alla nascita di una rinnovata consapevolezza tanto nelle autorità pubbliche quanto nei singoli cittadini.