di Romina Nicoletti – Ceo –Founder M.Ro
La pandemia ha portato alla perdita di posti di lavoro, per di più quelli di donne e giovani. La crisi ha investito il mondo dei servizi, delle piccole imprese e del lavoro autonomo delle donne determinando un calo occupazionale di 444mila unità nel 2020 (di cui il 70 per cento donne). Nel solo mese di dicembre 2020, la cifra è 101mila, di cui quasi tutte lavoratrici indipendenti.
La legge di bilancio per il 2021 ha istituito il fondo a sostegno dell’impresa femminile (articolo 1, comma 97 e seguenti). Lo stanziamento è di solo venti milioni di euro per gli anni 2021 e 2022. Il meccanismo, gestito dal MEF, appare virtuoso perché prevede il coinvolgimento del Ministero delle Pari opportunità e la costituzione di un “Task force femminile” con compiti di indirizzo, analisi e raccomandazioni.
Non si conosce ancora il decreto che disciplinerà le modalità per attuare gli interventi previsti dal Fondo a sostegno dell’impresa femminile , ovvero il sostegno all’avvio e al rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale delle imprese femminile, alla diffusione della cultura imprenditoriale tra le donne; alla formazione e orientamento verso materie e professioni in cui le donne sono sottorappresentate.
Azioni che richiedono, tra l’altro, attuatori differenti: da un lato, enti o agenzie pubbliche in grado di gestire l’erogazione dei finanziamenti, dall’altro lato, la consulenza di impresa e manageriale.
Si sono lette fino ad ora proclamazioni di intenti, come spesso avviene, senza però avere traccia delle procedure di attuazione.
C’è poi la proposta di piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) che presenta una misura di supporto all’imprenditoria femminile con un impegno di 400 milioni di euro da investire nel prossimo quinquennio.
Le parole ricorrenti sono: «fare sistema».
Nel PNRR si parla di misure di promozione dell’imprenditoria femminile, c’è la volontà di sostenere l’imprenditoria femminile come strumento di autonomia economica, che «può costituire un importante contributo per sostenere le donne
vittime di violenza nel loro percorso verso l’autonomia economica»: le donne sono intese ancora una volta come soggetti da includere e da proteggere e non traspare la logica di enpowerment femminile come leva di sviluppo economico , di acceleratore dell’economia come invece sarebbe auspicabile.
Proprio in questo momento storico di grande trasformazione della realtà italiana vedo la necessità di promuovere interconnessioni tra la pubblica amministrazione e settore privato sui tre assi di intervento Digitalizzazione Innovazione- Transizione Ecologica – Inclusione sociale pilastri su cui ruota anche il Recovery Plan.
Per poter sviluppare l’empowerment femminile , a mio avviso, si dovrebbero creare incentivi ed agevolazioni come i “Voucher per l’Imprenditoria femminile” per sostenere i costi per le prestazioni di consulenza specialistica. Manager qualificati ed indipendenti iscritti in un apposito elenco costituito dal Ministero dello Sviluppo Economico . La consulenza deve essere finalizzata ad indirizzare e supportare i percorsi imprenditoriali possibilmente innovativi.
Inoltre, è importante a mio avviso valorizzare anche il talento femminile promuovendo la cultura del valore della formazione tecnico-scientifica e il ruolo delle donne nell’innovazione tecnologica.
Dare vita anche a fondi per lo sviluppo di percorsi formativi, di “reskill” , di alfabetizzazione digitale per potenziare le competenze tecnico-scientifiche delle donne.
La pandemia ha accelerato il percorso di digitalizzazione del nostro paese e sappiamo tutti che già si registra un deficit di capitale umano con competenze tecnologiche per le grandi aziende; ma il gap tecnologico può rappresentare anche un grande problema per i piccoli imprenditori che non riescono così ad essere competitivi sul mercato globale.
Nella sintesi le Istituzioni devono mai come in questo momento mettersi in ascolto, collaborare con le rappresentanze civili e progettare un modo nuovo, pensare ad un piano innovativo per la macchina statale per la ricostruzione post-COVID .
Si parla sempre di innovazione nel settore privato e ci dimentica di quello pubblico .
E’ tempo oramai anche per gli attori della pubblica amministrazione di pensare nel loro interno alle competenze digitali , alle logiche di inclusione e porre attenzione alla transizione ecologica.