Intervista a Liliana Fratini Passi Direttore Generale CBI pubblicata sul numero di marzo-aprile della rivista Italia informa
L’HUB DI INNOVAZIONE NEL SETTORE FINANZIARIO A CUI GUARDANO 405 TRA BANCHE E INTERMEDIARI
Il settore finanziario sta affrontando la rivoluzione digitale, che ha comportato un profondo cambiamento di paradigma e sta modificando rapidamente il sistema dei pagamenti e l’organizzazione di imprese e banche, oltre a far apparire sul mercato nuovi attori Fintech, tra cui big come quelli indicati con l’acronimo Gafaa (Google, Amazon, Facebook, Apple, Alibaba). Di questa rivoluzione e del suo impatto nel sistema finanziario e dei pagamenti italiano ed europeo parliamo con Liliana Fratini Passi, Direttore generale di CBI S.c.p.a, definita “la donna che traghetta l’Italia verso le nuove sfide dell’Open banking”.
La rivoluzione digitale sta cambiando il volto anche del settore finanziario con l’entrata in gioco dei nuovi operatori Fintech e la necessità di adeguarsi alle nuove normative. Il sistema dei pagamenti e l’organizzazione delle imprese e delle banche sono profondamente cambiati, con crescente rapidità negli ultimi anni. Il consorzio Cbi – diventato nel 2019 società consortile per azioni – di cui lei è Direttrice generale, è stato ed è in primissima fila in questa transizione, che è una sfida cruciale per l’innovazione dei sistemi (finanziari e non solo) e che ha cambiato in modo profondo le abitudini dei cittadini. Ci può
presentare sinteticamente Cbi e spiegare la sua strategicità? Quanti sono i soggetti che aderiscono a Cbi S.c.p.a.?
CBI da oltre 20 anni rappresenta la industry utility al supporto del sistema finanziario con l’obiettivo di abilitare e facilitare l’offerta da parte degli intermediari di servizi transazionali alla Pubblica Amministrazione, alle imprese e ai cittadini. Sono soci 405 banche e intermediari finanziari, per i quali CBI rappresenta un hub di innovazione nel settore finanziario a livello italiano ed europeo. La strategicità di CBI consiste nell’identificare e sviluppare infrastrutture collaborative e le norme tecniche (standard) in autoregolamentazione che, ottimizzando i costi di investimento, consentono la piena interoperabilità e raggiungibilità da tutti gli attori dell’ecosistema finanziario, anche fintech e over the top, in un mercato sempre più competitivo a livello internazionale. Ciò grazie anche alla partecipazione costante di CBI a vari consessi di normazione e standardizzazione internazionale (UN/Cefact, ISO, EBA, EPC ed altri). La trasformazione in CBI S.c.p.a permette di rispondere con maggiore efficacia alle nuove sfide del mercato transazionale, promuovendo l’open banking a più ampio respiro attraverso processi di innovazione condivisi, che abilitano il salto strategico del sistema finanziario italiano, affinché gli intermediari stessi offrano servizi tailor made alla propria clientela, corporate e retail, nonché consente di favorire una più agevole collaborazione con le Pubbliche Amministrazioni.
In un articolo lei ha scritto che “saranno i pagamenti digitali a farci superare il nostro gap digitale”. Può entrare nel dettaglio di questa affermazione? E a proposito di gap digitale, finora le varie indagini hanno sempre assegnato all’Italia posizioni di bassa classifica, se non di coda, tra i Paesi dell’Ue (sia per la dotazione infrastrutturale, sia per l’utilizzo efficiente dell’innovazione da parte delle imprese, sia per le conoscenze digitali di base da parte dei cittadini). Ma fermenti e iniziative in quest’ambito sono sempre più visibili in Italia. Qual è la situazione, stiamo recuperando posizioni?
In questo momento storico il mondo intero sta condividendo ansia e difficoltà nell’affrontare la straordinaria sfida del coronavirus che avrà un impatto di proporzioni molto ampie e profonde sull’intero sistema economico-finanziario: si stima una contrazione del PIL italiano pari a -7,5% per il 2020 (forbice di errore che va da -3,5% a -11,5%). La pandemia ha impattato sulle abitudini di lavoro, di acquisto e di pagamento e, più in generale, di vita delle persone. In questo contesto è emersa l’importanza dell’esistenza in Italia di infrastrutture digitali evolute che stanno garantendo la continuità operativa delle persone in lockdown, consentendogli di proseguire la propria vita anche in anche in questo momento drammatico.
Alcune stime del Politecnico di Milano parlano di 8 milioni di lavoratori in modalità agile in questo momento, contro i 570 mila dello scorso anno; anche per la Pubblica Amministrazione alcuni dati stimano che il 68,5% delle Regioni è in smart working. La pandemia ha quindi fatto percorrere in pochi giorni ai cittadini e alla Pubblica Amministrazione un balzo in avanti nella digitalizzazione che avrebbe richiesto anni, anche se rimane una parte della popolazione ancora ampiamente impattata dal digital divide.
L’Italia, che l’ultimo indice di digitalizzazione dell’economia e
della società (DESI 2019) colloca in 24esima posizione, fra i 28
Stati membri dell’Ue, non ha problemi di infrastrutture di pagamento: solo per fare un esempio le carte di pagamento e i terminali POS sono ampiamente diffusi e si stimano 3,2 milioni di POS in Italia, oltre un terzo di quelli dell’intera area euro (5.200 POS ogni 100.000 abitanti, a fronte di 2.800 ogni 100.000
abitanti nell’area dell’euro). Il comparto dei pagamenti è quindi certamente quello più avanzato e può fare da volano per l’economia nella prossima fase di “ricostruzione”.
Tuttavia, in Italia manca la cultura del digitale. Questa situazione però sta anche creando un patrimonio di competenze ed esperienze che rimarrà e ci potrà aiutare per essere più efficienti nella implementazione del Piano di azione “2025 Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese”, certamente fondamentale per recuperare il gap con gli altri Paesi europei.
Tornando a Cbi, i vostri servizi hanno rivoluzionato e stanno rivoluzionando il mondo dei pagamenti e cambiato l’organizzazione delle imprese e delle banche. Come è stato possibile realizzare questo cambiamento e quante sono state e sono le resistenze?
La storia di CBI si basa sulla forza della collaborazione pre-competitiva degli attori dell’ecosistema, in particolare delle banche che hanno sempre considerato CBI il luogo per promuovere innovazione di servizio e rispondere alla “compliance” con le normative europee, definendo le norme e le innovazioni tecniche comuni per abbattere i costi e preservare gli investimenti, garantendo interoperabilità anche con soggetti terzi e allo stesso tempo consentendo alle singole banche di offrire servizi in concorrenza.
Oltre a ciò, per raggiungere obiettivi sfidanti CBI agisce una governance specifica sui propri soci e ciò consente di spingere l’innovazione su un percorso strategico chiaro e condiviso. Per fare un esempio, il Servizio CBI, sviluppato dall’industria bancaria italiana già nel lontano 1995, può essere considerato l’“open banking” ante litteram, in quanto consente ormai ad oltre 3 milioni di imprese di gestire i propri pagamenti e rendicontazioni attraverso una singola banca che si connette con tutte le altre banche presso le quali l’impresa ha un conto corrente.
Le oltre 51 funzioni che caratterizzano il Servizio sono erogate da ogni banca seguendo le norme tecniche e regolamentari definite da CBI e ciò garantisce l’interoperabilità e la raggiungibilità di tutta la community degli attori coinvolti nella filiera, allo stesso tempo ciascuna banca costruisce la propria offerta competitiva verso la clientela.
Un altro esempio è l’ideazione e la creazione del Servizio CBILL per la consultazione e il pagamento online di bollettini di utenze e di avvisi di pagamento pagoPA (tributi, bollo auto, cartelle esattoriali ed altro), già utilizzato da oltre 4 milioni di cittadini.
Oltre alla creazione dell’infrastruttura, CBI ha definito l’obbligatorietà per tutte le banche nell’offerta sull’internet banking e ciò ha garantito la raggiungibilità di tutti i clienti di conti online, lasciando spazio alla competizione su altri canali distributivi e su servizi correlati.
Anche il recente servizio CBI Globe ha consentito alle imprese bancarie di rispondere alla compliance della PSD2 in modalità collaborativa mettendo a fattore comune le attività a basso valore aggiunto, liberando risorse necessarie per lo sviluppo di servizi innovativi da offrire in modalità competitiva.
Le resistenze ci sono sempre quando si devono contemperare le esigenze di tanti soggetti coinvolti, con complessità e dimensioni diverse, ma la capacità di CBI è anche quella di valorizzare gli aspetti comuni nella diversità.
Il cambiamento di scenario è certamente amplificato dalla piena operatività nel 2019 della Direttiva Ue del 2015, nota come Psd2, e al D. lgs. n. 11/2010 che ne ha dato attuazione (va detto, con ritardo rispetto all’importanza della Direttiva e all’impatto in tema di innovazione e rilancio della competitività) nel nostro Ordinamento. Come questa Direttiva europea ha cambiato lo scenario nel mercato dei pagamenti, e più ingenerale nel mercato finanziario?
La PSD2 intende favorire l’innovazione e la competizione nel mercato dei pagamenti aprendolo a nuovi operatori sulla base del principio “stesse regole per gli stessi servizi”, per offrire
maggiori opzioni di scelta ai consumatori finali. In tale scenario, sia per gli operatori tradizionali che per i nuovi competitor non bancari e gli over-the-top, si aprono importanti opportunità di business derivanti dalla possibilità di offrire alla clientela servizi innovativi e di elevata qualità, semplificando la
vita delle famiglie e delle imprese per rendere la finanza sempre più semplice, accessibile e veloce, in massima sicurezza.
Collegandoci alla domanda precedente, Cbi S.c.p.a ha promosso una riflessione per cercare di capire quale potesse essere il proprio ruolo e quello delle banche aderenti, alla luce della nuova Direttiva Ue. Dopo un piano strategico, Cbi è arrivata all’ideazione di un progetto e al lancio del servizio Cbi Globe – Global open banking ecosystem: una piattaforma di open banking multioperatore, di collegamento tra le banche che gestiscono i conti correnti dei clienti e le ‘parti terze’. Quali sono queste ‘parti terze’ e quale risposta c’è stata da parte del mondo bancario?
Si parla di prestatori di servizi di pagamento che, grazie alla Direttiva PSD2, possono accedere ai conti correnti, previa autorizzazione del cittadino, per disporre in totale sicurezza operazioni informative e dispositive.
Alla crescente competizione in atto e alla compliance normativa ha dato una risposta il servizio CBI Globe (www.cbiglobe.com) che, operativo già dal 1° giugno 2019, anticipando di oltre 3 mesi la piena entrata in vigore della PSD2, facilita la connessione tra prestatori di servizi di pagamento, attraverso API. L’accentramento sulla soluzione tecnologica di CBI di numerose funzionalità consente inoltre agli Intermediari aderenti di concentrarsi sullo sviluppo di nuovi servizi a valore aggiunto da offrire alla propria clientela corporate e retail.
A CBI Globe aderiscono a oggi circa 300 Intermediari, rappresentanti circa l’80% dell’industria bancaria italiana. Dal rilascio in produzione, la piattaforma CBI Globe ha registrato oltre 2 milioni di invocazioni API, con un aumento esponenziale settimana dopo l’altra (Tasso di crescita medio mensile pari circa
al 170%): numeri che dimostrano un crescente interesse verso l’open banking anche in Italia. Oltre 100 le Terze Parti che stanno effettuando operazioni (in test e in produzione) tramite CBI Globe; questi operatori sono attivi nel ruolo di Account Information Service Provider (AISP) e Payment Initiation Service Provider (PISP) e tra questi risultano anche numerosi operatori esteri e alcune banche operanti nel ruolo attivo tipico delle Fintech.
Gli scenari della relazione di aziende Fintech con le banche sono di (prevalente) competizione o di (prevalente) collaborazione. Oltre il 60% delle banche operanti in Italia lavora in una logica di partnership strategica con aziende Fintech per la realizzazione di nuovi servizi. Lei
ha scritto in un saggio che “la storia di Cbi si basa sulla forza delle infrastrutture collaborative”, ma che “occorre sottolineare quindi che nell’esperienza di Cbi la collaborazione non esclude assolutamente la competizione”.
Può entrare più nel dettaglio di questo scenario e delle sue potenzialità? Quali vantaggi ci sono (per le banche e non solo), grazie al vostro ecosistema, in termini di risparmio per sostenere gli ingenti investimenti imposti dalla rivoluzione digitale? E quali i vantaggi per cittadini
e imprese?
L’esperienza di CBI Globe dimostra come gli ecosistemi collaborativi siano i contesti migliori per massimizzare il contenimento dei costi e, allo stesso tempo, per poter contare su un cospicuo
numero di attori, appartenenti anche a diverse industry, per sviluppare servizi competitivi basandosi su strutture collaborative.
CBI Globe ha garantito al settore bancario domestico risparmi pari a circa il 40% (~140-185 € Mln) rispetto all’investimento complessivo, altrimenti a carico dell’intero settore (~350-450 €
Mln), per l’adeguamento tecnico dei sistemi bancari. Gli ecosistemi collaborativi e di innovazione come CBI Globe, sono inoltre il terreno perfetto su cui far crescere nuove soluzioni, basate su collaborazioni tra Intermediari e Fintech. Le imprese bancarie possono avvalersi di importanti asset, quali un’expertise senza eguali, know-how in ambito finanziario e la fiducia della clientela di riferimento. Le Fintech possono invece far leva su una elevata flessibilità organizzativa e sull’offerta di servizi tailor made molto specifici, per nicchie di clientela spesso ignorate dai grandi gruppi bancari. Ciò consente ai clienti (sia corporate che retail) bancari di scegliere quindi una più ampia gamma di servizi finanziari evoluti in maniera integrata, digitale e real time, come ad esempio servizi di aggregazione di conti internazionali, gestione finanziarie avanzate, inizializzazione di pagamenti tramite applicazioni
terze.
Lei ha scritto che in Italia “potrebbe essere opportuno favorire i cosiddetti ‘facilitatori Fintech’ – poli di innovazione o spazi di sperimentazione normativa: i cosiddetti ‘hub’ e ‘sandbox’, già presenti in diversi paesi europei (Regno Unito, Polonia, Danimarca, Olanda e Lituania), in cui poter sperimentare soluzioni Fintech con il sostegno di un’autorità e identificare così la migliore prassi e la coerenza delle pratiche di vigilanza, così come recentemente delineato dell’Ue”. Quale sarebbe il ruolo di questi ‘faciliatori Fintech’ e la spinta che potrebbero offrire?
Stiamo al riguardo seguendo con grande interesse l’attuazione del DL Crescita e, in particolare, l’iter di approvazione del Decreto Ministeriale sull’istituzione di un Comitato Fintech sulla disciplina della sperimentazione di progetti innovativi in tale ambito e sulla realizzazione di un Sandbox per il Fintech, un vero e proprio contenitore virtuale per dare nuovo impulso alla nostra economia, incoraggiando meccanismi di sviluppo che tengano il passo e, al contempo, favoriscano i processi di innovazione.
CBI, in virtù del proprio ruolo di promotore e facilitatore di open banking in Italia, ha preso inoltre parte alla consultazione pubblica indetta dal Dipartimento del Tesoro in relazione al costituendo Comitato Fintech e alla governance dello stesso.
Direttrice, lei è stata definita “la donna che traghetta l’Italia verso le nuove sfide dell’Open banking”. Pensa che l’Italia in Europa recupererà il terreno perduto e sarà tra i protagonisti della rivoluzione digitale?
Nel mio ruolo di Direttore Generale sintetizzo il lavoro e l’expertise di tante persone che fanno parte sia della struttura organizzativa di CBI sia di tutti coloro che, rappresentando i nostri soci, interagiscono con noi nel processo di innovazione dei servizi, secondo l’indirizzo strategico condiviso.
La situazione attuale è drammatica e non è possibile fare previsioni certe su cosa ci attende nei prossimi mesi. Certamente sarà necessario una stretta collaborazione con tutti gli attori del sistema finanziario, tra banche incumbent e fintech, anche a livello internazionale, per traguardare la ripresa anche attraverso la modellazione di servizi finanziari evoluti, digitali e real time. Per fare ciò CBI uno degli strumenti a supporto nel recuperare il gap sarà certamente la nuova funzione “attiva” di CBI Globe che intende supportare i PSP nel ruolo attivo di Terza Parte in ambito open banking. I PSP potranno pertanto impiegare questa funzionalità per raggiungere in maniera semplificata tutti
gli Intermediari di radicamento di conto attivi a livello domestico, concentrandosi sullo sviluppo di servizi innovativi in risposta alle crescenti esigenze della clientela corporate e retail. La nuova funzionalità consente infatti al PSP aderente di raggiungere tramite un “single point of access” i conti online detenuti dagli utenti presso altre banche e piattaforme in tutta Europa. In tal senso CBI Globe è sicuramente una delle piattaforme che potrà supportare il rilancio del Paese nel mercato europeo e per attivare la strategia di Open Government.