di KP
Nel moderno storytelling economico, l’acquisto di un prodotto è fortemente legato alle sensazioni che questo ci infonde. Difficilmente, infatti, compreremmo prodotti presentati sotto una veste negativa o pubblicizzati da modelli e attori ben poco accattivanti: ebbene, questa stessa regola vige anche nel mondo del cinema ormai popolato da numerosi “inserti” commerciali più o meno palesi.
La Apple, ad esempio, ha preso molto seriamente il modo di rappresentare i propri prodotti nelle pellicole cinematografiche stabilendo che nessuno di questi debba mai essere utilizzato da un villain. A rivelare il simpatico e poco noto dettaglio è stato Rian Johnson, regista del recente Cena con delitto – Knives Out, durante una video intervista a Vanity Fair. “Qualsiasi regista che abbia nel suo prossimo film un cattivo che voglia tenere nascosto al pubblico vorrà uccidermi adesso”, ha poi scherzato Johnson, facendo riferimento al fatto di aver svelato al pubblico un semplice trucchetto per capire d’ora in poi se il personaggio di un film di cui sospettano è davvero cattivo o no: “se ha in mano un iPhone, mistero risolto”.
Quella che a noi sembra più che altro una curiosità, si rivela in realtà essere una scelta molto accurata riservata al product placement che nella nostra società dell’informazione, pervasa ovunque dai contenuti video, vuole evitare che un qualsiasi prodotto della Mela di Cupertino sia associato ad un evento o ad un personaggio fortemente negativo.
Lo storytelling che si costruisce attorno ad un marchio può essere fortemente condizionato da chi ne fa uso e così l’auto e l’orologio di James Bond o le scarpe di Marty McFly sono diventati iconici mentre quelli, ad esempio, di Goldfinger molto meno.