di Alessia Visaggio e Giuseppe Ricciuti
Privacy, privacy, privacy.
Quante volte capita di leggere questo termine durante l’arco della nostra giornata.
Ma, come accade per una parola ripetuta senza sosta, il senso della stessa va perdendosi.
Se in precedenza “Privacy” aveva limiti più chiari e definibili, oggi la quantità di dati personali condivisi online è in continua crescita e, può capitare, di non prestare attenzione ai possibili rischi per la sicurezza.
Ci troviamo nell’era della Privacy Fatigue, ossia la sensazione di stanchezza legata alla privacy, dove l’utente crede che non esista un modo efficace per gestire le proprie informazioni personali su Internet.
Premettendo che, a livello generale, si tratta di un argomento molto interessante ma allo stesso tempo vasto e ricco di sfumature, qui ci limiteremo ad una breve panoramica dello stesso. Facciamo un passo indietro.
Storicamente, la dottrina fa risalire la prima formulazione di tale concetto al saggio di Warren e Brandeis (1890) “The Right to Privacy”. Nel corso degli anni, in particolare con l’avvento di Internet, il diritto alla Privacy è andato evolvendosi parallelamente all’evoluzione della Società. Attualmente, la Privacy costituisce uno dei punti nodali su cui si basa la rete in quanto, per utilizzare correttamente tutti i servizi offerti dal mondo virtuale (dalle e-mail ai siti di e-Commerce), per gli utenti è fondamentale poter utilizzare le proprie informazioni personali in totale sicurezza. Le persone hanno il diritto di fornire solo ed esclusivamente i dati che ritengono opportuni e di non essere turbati o, nella peggiore delle ipotesi, privati della propria libertà di agire. Ad esempio, Tucker (2012) dimostrò come l’utilizzare un’attività di Adv troppo invadente nei confronti degli utenti potrebbe ridurre drasticamente l’efficacia della comunicazione. Nonostante i dati posseduti dalle aziende vengano raccolti sulla base del via libera dell’utente, quest’ultimo potrà richiedere in un qualsiasi momento di essere eliminato dalla targeting list e non dovrà più essere soggetto ad iniziative pubblicitarie avviate dalle stesse. In particolare, negli ultimi tempi gli utenti hanno iniziato ad informarsi sempre più in merito alla loro privacy ed è per questo che quest’ultima è divenuta a maggior ragione un bene prezioso da custodire (Goldfarb e Tucker, 2012). Nello specifico, “sono dati personali le informazioni che identificano o rendono identificabile una persona fisica e che possono fornire dettagli sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica, ecc…
Secondo quanto descritto dal Garante della Protezione dei Dati Personali, particolarmente importanti sono:
- i dati identificativi: quelli che permettono l’identificazione diretta, come i dati anagrafici (ad esempio: nome e cognome), le immagini, ecc.;
- i dati sensibili: quelli che possono rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, lo stato di salute e la vita sessuale;
- i dati giudiziari: quelli che possono rivelare l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari soggetti ad iscrizione nel casellario giudiziale (ad esempio, i provvedimenti penali di condanna definitivi, la liberazione condizionale, il divieto od obbligo di soggiorno, le misure alternative alla detenzione) o la qualità di imputato o di indagato.
Con l’evoluzione delle nuove tecnologie, altri dati personali hanno assunto un ruolo significativo, come quelli relativi alle interazioni tra utenti, i loro gusti ed interessi, alla geolocalizzazione e così via.
È possibile affermare che siamo di fronte ad un nuovo orizzonte della privacy che vede sempre più coinvolto il modo di muoversi online delle persone.
Il Behavioral Targeting, ossia il Targeting Comportamentale, rappresenta un processo web-based che sfrutta svariati algoritmi ed elementi con lo scopo di profilare ed esaminare il comportamento degli utenti. In un mondo sempre più connesso ed in cui qualunque nostro movimento in rete è “registrato” da algoritmi, da un semplice commento sul profilo social di un amico al visionare quel secondo in più solo per curiosità un determinato prodotto, o ancora la scansione del proprio viso da parte di smartphone e telecamere, occorre chiedersi se esista ancora realmente una privacy per l’utente.
L’unica soluzione efficace per salvaguardarla è senza dubbio quella di gestire in modo consapevole ed attento la propria vita digitale.