di Alessia Visaggio e Giuseppe Ricciuti
Partirei dalla frase di Tolstoj non tanto per parlare del cambiamento digitale, ma della forza che un cambiamento ha all’interno dell’intero ecosistema della vita.
La Digital transformation è il cambiamento organizzativo e di processo che è alle fondamenta della trasformazione del business digitale. Cambiare la natura di un’organizzazione significa cambiare il modo in cui le persone agiscono, pensano, si muovono, interagiscono. Tutto questo dà vita all’intero sistema.
Tutto facile a parole, ma la trasformazione è invece un processo complesso, soprattutto perché coinvolge ogni aspetto della nostra vita.
È la creazione di un nuovo approccio, la definizione di una nuova comfort zone e la necessità di rimettersi in gioco e stabilire nuove proprie competenze, sempre più complesse e verticali. Sempre più diverse da quelle che finora chi hanno accompagnato, una sfida con noi stessi senza pari.
Una sfida che è inevitabile e non più rinviabile e che quindi diventa per molti preoccupante o per pochi la linfa per una nuova e diversa forza interiore. Questo rafforza gli ultimi, creando sempre più divario fra chi ha trovato la forza nel cambiamento e chi no.
È un cambiamento pervasivo di tutta la struttura organizzativa di un’azienda, si tratta di cambiare il modo in cui adattare le operazioni e le abitudini di ognuno alle nuove tecnologie, piuttosto che semplicemente adottarle.
Qui la tecnologia non conta più è solo un falso aspetto, quello che conta è la capacità di trovare nuovi stimoli in un mercato che si sta concentrando sempre più in nicchie e che sta diventando ad alta specializzazione.
Ormai siamo abituati ad usare la tecnologia per estendere le nostre capacità, ma non ci rendiamo conto che le persone sono la parte centrale di qualsiasi sistema tecnologico.
In un mondo in cui la tecnologia è solo una commodity è la testa che fa la differenza e soprattutto è la forza del cambiamento che, creando energia, sviluppa il pensiero.
Per cui non la tecnologia, ma la voglia di cambiare è al centro del reale mutamento.
La tecnologia rende tutti uguali, la forza del cambiamento ci rende invece singolarmente diversi.
Ma tecnologia è un termine vago: la tecnologia passa e diventa obsoleta. La testa se ben utilizzata, anche nell’era digitale, si rinnova continuamente: perché produce processi e modelli digitali che rendono smart le organizzazioni. Quindi differenti le une dalle altre, quindi competitive.
La Digital transformation rappresenta di fatto “il profondo cambiamento delle attività e dei processi organizzativi, delle competenze e dei modelli di business, che si effettua per sfruttare appieno la forza del rinnovamento, in modo strategico e prioritario, i cambiamenti e le opportunità che il mix fra tecnologie ed idee ed il loro impatto accelerato hanno apportato alla società, avendo chiaro il percorso di cambiamento da implementare nell’organizzazione nel breve e nel lungo periodo”.
Lo sviluppo di nuove competenze ruota attorno alle capacità di essere agili, orientati alle persone, innovativi, snelli, efficienti e in grado di indurre/sfruttare le opportunità. In poche parole intellettualmente forti.
Cambiamenti che necessitano di una rapida capacità di adattare comportamenti, approcci e modelli d’innovazione
La flessibilità operativa e l’innovazione sono i principali driver della trasformazione digitale, ma in fondo non sono altro che i driver della forza del pensiero.
“Tuttavia, prima di arrivarci, è fondamentale anche risolvere le sfide interne, come le disconnessioni nei processi, per cui gli obiettivi interni sono inevitabilmente i primi passi da seguire”.
Quindi la forza per valutare il giusto mix fra off line e on line, fra passato e trasformazione digitale.
Un connubio che non può trovare soluzione se non nella reale forza del cambiamento prima interiore e poi esteriore: una strategia di Digital transformation che ha come obiettivo quello di creare le capacità, all’interno dell’organizzazione, di sfruttare appieno le possibilità e le opportunità del futuro che sarà sempre più fatto di relazioni e collegamenti e che ci porterà sempre più ad un confronto ed ad allontanarci dalla nostra comfort zone.
Solo che troverà la forza di vivere fuori dalla propria comfort zone potrà dirsi davvero capace di affrontare il reale cambiamento digitale.
In un’era in cui l’interconnessione è la reale killer application del futuro non può esistere il nostro mondo, ma esisterà sempre più un insieme di microcosmi che ci appartengono e che ci costringono ad un’interazione continua (aperti e permeabili alle azioni esterne che ne modificano costantemente anche la struttura interna) che inevitabilmente devono essere affrontati con la forza di chi sta al passo del cambiamento.
Dobbiamo abituarci a vivere in un mondo in cui la gestione delle informazioni viene decentralizzata, tutto va carpito e nulla è più unico, durevole e singolarmente disponibile. Per questo chi ha la forza di decifrare per primo i segnali deboli potrà trasformarli in quelli forti. Per quel breve attimo di vita che questi avranno prima di cambiare nuovamente.
Essere digitali non è quindi un fine a cui tendere, ma una necessità ineluttabile del divenire.