La Corte di Cassazione ha dato il via libera: d’ora in poi anche le mance in contanti saranno soggette a tassazione come reddito da lavoro dipendente. La Cassazione, attraverso l’ordinanza 26510 del 30 settembre 2021, ha accolto il ricorso del fisco contro un capo ricevimento che, nel corso dell’anno, aveva incassato 70 mila euro di mance poi versati in banca. Nelle motivazioni si legge che l’attuale art. 51, c. 1, Tuir (nel testo post-riforma del 2004, applicabile, ratione temporis, alla controversia, del medesimo tenore letterale dell’art. 48 dello stesso Tuir, cosi come modificato dal dlgs 314/97) espressamente prevede che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere» (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e dei servizi) «a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». A sua volta l’art. 49, c. 1, Tuir nella formulazione applicabile ratione temporis, reca la medesima definizione di redditi da lavoro dipendente, di cui al previgente art. 46 nel testo ante riforma del 2004, quale a sua volta sostituito, con decorrenza dall’1/1/98, dall’art. 1, c. 1, del citato dlgs 314/97, secondo cui «sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro»
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