Le banche che allo scoppio della pandemia avevano un maggior grado di digitalizzazione delle procedute per la concessione e la valutazione del merito di credito si sono adattate meglio allo scenario pandemico rispetto alle altre, soprattutto nella prima fase dell’emergenza, quella del lockdown con le filiali difficilmente raggiungibili dai clienti. Lo rivela uno studio empirico della Banca d’Italia pubblicato nella collana ‘Covid-19 note’. Lo studio, realizzato dalle economiste del Servizio di Stabilita’ finanziaria Alessandra Albanese e Federica Ciocchetta, con il contribuito, tra gli altri, del Vice direttore generale Paolo Angelini, mette in evidenza anche un altro aspetto: le caratteristiche di bilancio delle banche che di solito hanno un impatto sull’aumento del credito, quali la posizione di capitale e di liquidita’ non sono state rilevanti nel contesto della prima fase di crisi legata alla pandemia a dimostrazione, secondo lo studio, che le misure messe in piedi dai governi (garanzie) e dalle autorita’ di vigilanza (Eba e Bce) per ridurre i paletti sul credito si sono rivelate efficaci ed hanno impedito che si verificasse una ‘stretta’ creditizia.
C’e’ un altro aspetto che mette in evidenza lo studio empirico di via Nazionale: le filiali fisiche sono state utili per l’allocazione del credito. La presenza delle filiali, soprattutto nel secondo trimestre del 2020 ha contribuito alla crescita del credito nei territori e questo, aggiunge lo studio, non e’ in contrasto con l’importante ruolo dimostrato dalla tecnologia nell’offerta di credito durante la fase del lockdown e i mesi successivi. Un riconoscimento quindi dell’importanza anche della rete fisica nei territori per intercettare l’aumento della domanda di credito.