di Giuseppe Guglielmo Santorsola
Asset digitali, possibili riserve di valore. È il ruolo che il mercato sembra avere da tempo assegnato alle criptovalute. Anche le authority seguono questa lettura e con intenti regolatori. Gran parte dei detentori trattengono più a lungo l’asset acquistato, anche perchè i costi delle transazioni sono elevati e aumentano con le loro numerosità e frequenza. Stiamo scommettendo sul futuro ruolo dell’oggetto virtuale anche perché non è conveniente liberarsene per servizi di pagamento. Una nemesi del loro egocentrico scopo originario. L’offerta di cripto valute va razionalizzandosi, eliminandone la maggior parte. Ciò accentua il rischio dell’investimento “libero” e sollecita l’assunzione di regole.
Taluni le accettano quale espressione di un baratto per poi tesaurizzarle, rafforzando l’ipotesi qui suggerita. Le emissioni più note hanno limiti nella loro produzione; le prime (come Bitcoin oltre l’80%) hanno generato più di quanto sia la massa residua, generando condizioni di rialzo del prezzo e riproponendo la situazione ciclica delle commodity. Questo scenario è, al momento, opposto a quanto accade con la moneta; uno stato forse temporaneo e meritevole di attenzione. Diverso è il caso della massa di proposte verso le quali è opportuno suggerire cautela. In una lettura più generale, perde efficacia l’ipotesi della moneta peer-to-peer, mentre resta in campo quella dell’asset con le medesime caratteristiche. A monte, il progetto della Bce individua una soluzione intermedia che può generare una moneta virtuale utilizzabile per pagamenti minori, che resterebbero mappati grazie all’utilizzo della Blockchain e costituirebbe l’evoluzione dei borsellini elettronici.
Articolo già pubblicato sulla rivista Blue Rating di aprile 2021