Nel corso dell’ultimo decennio, l’utilizzo dei pagamenti elettronici è costantemente cresciuto in Italia. Nel 2018, ad esempio, i dati della BCE indicano un incremento del 16% rispetto al 2017 e i dati Nomisma ci dicono che i pagamenti con carta sono cresciuti (sempre nel 2018) dello 6,8% rispetto all’anno precedente.
Il problema italiano, quindi, non è che l’utilizzo dei pagamenti elettronici non cresca affatto ma che ciò non avvenga ad un ritmo tale da compensare il ritardo maturato nei confronti degli altri paesi europei.
Sempre i dati della BCE mostrano, infatti, che l’Italia è soltanto 23° su 27 paesi membri per numero di pagamenti elettronici, superata anche da Romania (+39%) o Bulgaria (+26%) che nel 2018 hanno registrato una crescita di gran lunga superiore alla nostra. Nonostante un’oggettiva crescita, quindi, ci troviamo ancora in ritardo e dobbiamo assolutamente intraprendere iniziative ad ampio spettro per sopperire ad una situazione che col passare del tempo potrebbe penalizzarci ulteriormente.
In questa fase, il ruolo del Governo può essere determinante per favorire l’incremento dei pagamenti elettronici nel nostro Paese. Nello specifico, la manovra finanziaria 2020 reca uno spazio interamente dedicato alla promozione della cashless society. Inoltre, il solo fatto di aver individuato nei pagamenti elettronici uno strumento di policy sia uno dei principali meriti che va ascritto all’esecutivo, vedremo ora come saranno declinati in via definitiva e quale sarà l’impatto effettivo delle misure adottate. Resta, però, il fatto oggettivo che il Governo ha accesso l’attenzione su questo tema e ha un’occasione per conseguire dei risultati importantissimi.
In politica, di norma, le iniziative di maggior successo sono quelle che sfruttano al meglio un sistema fatto di check & balances, vale a dire: il giusto equilibrio tra incentivi e sanzioni. Da liberale, ritengo che in Italia, in questo momento abbiamo soprattutto bisogno di meccanismi premianti che esaltino l’utilizzo dei pagamenti elettronici. Allo stesso tempo, però, è necessario che vi sia una più concreta “certezza del diritto” e che quindi le eventuali sanzioni deliberate possano essere davvero ed equamente applicate.
E’ possibile premiare l’utilizzo dei pagamenti elettronici senza penalizzare chi usa il contante. Infatti, non è accettabile che diventi comune un messaggio secondo il quale la popolazione venga divisa in buoni o cattivi a seconda di come paga. L’incremento dell’utilizzo della moneta elettronica non è uno strumento coercitivo dei governi ma è, prima di tutto, un vantaggio per i cittadini che ci guadagnano in facilità e sicurezza. Non possiamo demonizzare né il contante né chi lo usa ma la sua diffusione è, semplicemente, meno comoda ed economicamente meno conveniente per il sistema nazionale che, solo per la sua gestione, deve sostenere spese per 10 miliardi di euro ogni anno. Oggi, nella finanziaria è stato fatto uno sforzo per raccogliere 3 miliardi di coperture. Per assurdo, con la sparizione dei contanti avremmo immediatamente disponibili più del triplo di questa cifra e già un terzo dell’intera manovra.
I pagamenti elettronici, inoltre, possono essere un prezioso alleato nella lotta all’evasione ma non possono essere l’unico strumento di contrasto utilizzato. Sarebbe ingenuo pensare che da soli possano essere in grado di porre fine ad un fenomeno radicato soprattutto a livello culturale. Avremmo, piuttosto, bisogno di un mix di premi, sanzioni realmente applicabili e un nuovo spirito civico.
Dal punto di vista pratico-infrastrutturale, in realtà, non sono moltissimi gli ostacoli per la piena implementazione dei pagamenti digitali. Basti pensare, ad esempio, che l’Italia è il quarto paese europeo per numero di POS, circa 3 milioni totali, vale a dire 52.000 ogni milione di abitanti e, addirittura in crescita dello 5,1% negli ultimi cinque anni. Peccato però che una parte considerevole di questi supporti sia inutilizzata. Culturalmente parlando, invece, senza una definitiva presa di coscienza e un rinnovato spirito civico da parte dei cittadini qualsiasi iniziativa, per quanto buona, avrà sempre risultati inferiori alle aspettative. I cittadini devono convincersi di ciò che fanno e ciò può avvenire solo grazie all’educazione digitale e finanziaria.
Il sistema bancario non può essere escluso, ovviamente, dal processo di trasformazione in atto. Le banche, infatti, hanno loro stesse necessità di accompagnare e favorire il cambiamento. Le più recenti evoluzioni tecniche e normative della PSD2 impongono loro ad aprirsi maggiormente alle novità e con lo svilupparsi dell’economia digitale è evidente che non possano che favorire sempre di più anche la diffusione dei pagamenti elettronici.
Per rilanciare una nuova cultura nell’ambito dei pagamenti, dobbiamo capire che l’educazione finanziaria – di cui i pagamenti sono una parte importante – è una materia a tutti gli effetti che dovrebbe contribuire alla formazione delle giovani generazioni fin da piccoli.
È indispensabile, quindi, che venga insegnata nelle scuole e che partecipi alla formazione di quel nuovo spirito civico di cui tanto avremmo bisogno anche in Italia.