di Maurizio Pimpinella
Proprio poco prima delle vacanze di Natale, abbiamo appreso che la Banca Centrale Europea ha inviato una “tirata d’orecchi” al nostro Governo per quanto riguarda il programma cashless e, nello specifico, il progetto cashback in virtù dell’assunto secondo il quale “l’introduzione di programmi incentivanti per pagamenti elettronici siano sproporzionati e possano anche avere effetti negativi, ledendo poi la libertà di effettuare anche pagamenti col contante”. La missiva esaltava ancora una volta (come già fu per una giunta dello stesso tenore giunta lo scorso anno) il valore inclusivo del contante, anche a fronte della sua gratuità, affidabilità e imperitura disponibilità, omettendone però i costi di gestione, sia economici sia sociali. Nella sua lettera, infatti, la Bce tende a non menzionare alcuni aspetti che ritengo importante sottolineare.
Per prima cosa, è necessario dire una volta di più che il contante non è gratuito. Comporta elevati costi di gestione economica e sociale. A questo proposito, giova ricordare che, secondo le ultime rilevazioni della Banca d’Italia, il costo per la gestione del contante ammonta a 7,4 miliardi di euro l’anno, una cifra che, considerando solo la popolazione adulta, così come fa anche il cashback, ammonta a 150 euro per individuo: esattamente l’importo massimo dei rimborsi ottenibili tramite il cashback di Stato (per semestre), a fronte però di un valore totale di transato molto superiore. Ciò vuol dire che potenzialmente solo con questa iniziativa (e una tantum) sarebbe possibile annullare l’attuale deficit portato dal costo complessivo della gestione del contante.
I costi di gestione del contante, inoltre, non sono imputabili solamente allo Stato ma anche i singoli operatori ed esercenti ne sostengono l’onere. Pensiamo, ad esempio, al trasporto del danaro, alla sicurezza del cassiere e degli operatori, alle assicurazioni, ai sistemi antifalsificazione. Costi che spesso sono occulti, perché “inclusi” nel prezzo del prodotto. Un costo che a cascata spetta a tutti i cittadini.
Sempre in termini di sicurezza, basti pensare alle centinaia di assalti ai portavalori o alle rapine che vengono fatte quotidianamente nei negozi che andrebbero a ridursi drasticamente.
Ritenere quindi che il denaro contante sia gratuito è un falso mito. Inoltre, più difficilmente conteggiabili, sono i costi di natura burocratica che, pur gravosi, vengono drasticamente abbattuti dalla digitalizzazione dei sistemi.
Per quanto riguarda poi la perpetua disponibilità del contante, anche in questo caso, sono già diffusi strumenti tali da consentire di avere sempre possibilità di effettuare un pagamento grazie alle varie soluzioni mobili di cui disponiamo e che sono accessibili oggi anche tramite pos che non necessitano una costante connessione alla linea elettrica.
Ciò che, invece, è rilevante e su cui si deve intervenire è la discrasia delle competenze digitali e finanziarie di una rilevante fetta della popolazione italiana: un aspetto che incide gravemente sull’inclusione sociale di milioni di cittadini. Questo rappresenta un passaggio fondamentale che riguarda anche le modalità con cui viene fatta informazione.
Dalla lettera inviataci dalla Bce, si evincono poi alcuni passaggi relativi alla governance monetaria. Ciò è evidente, in particolare, dalla richiesta – più volte ribadita – di consultazione degli Organi europei prima del via libera a qualsiasi iniziativa in ambito monetario. Nella fattispecie, si fa riferimento al fatto che il cashback fissi una corsia preferenziale per i pagamenti elettronici a scapito di quelli in contanti.
Si tratta di un passaggio in linea di massima condivisibile considerata la rilevanza che le Autorità continentali ricoprono nell’architettura che governa la gestione monetaria europea. E’ quindi lecito chiedere conto, soprattutto in forma preventiva, di iniziative di ampio respiro che puntano ad una profonda variazione dei rapporti monetari interni ad uno Stato dell’Unione, ancorchè i fini di queste siano indirizzate ad incidere sulla materia fiscale – come è la lotta all’evasione – che è sostanzialmente esclusa dall’integrazione nei meccanismi comunitari.
La scelta italiana, invece, è stata quella di procedere in particolare attraverso forme di incentivi più che di limiti e questo passaggio, seppure apparentemente di identica portata, fa differenza anche perché, in una visione estensiva (ma non troppo) sono state le stesse Istituzioni europee a stabilire i principi di incentivo dei pagamenti elettronici attraverso le direttive sui pagamenti PSD1 e PSD2 e in questo senso gli scopi italiani ed europei sono perfettamente convergenti.
Inoltre, in quale modo e chi se non l’Italia, che si colloca al terzultimo posto in Europa per incidenza dei pagamenti elettronici, con evidenti riverberi negativi sotto vari aspetti, dovrebbe incentivarne l’uso?
Infine, un concetto ancora più ampio dovrebbe essere chiarito per esplicitare al meglio la valenza del progetto cashless e della singola misura del cashback, al netto degli aspetti critici che li riguardano. Entrambe le iniziative, sia dal punto di vista macro che da quello micro, vanno pensate come uno stimolo alla digitalizzazione della PA e dei cittadini e, quindi come un incentivo alla semplificazione, alla modernizzazione e alla competitività dello Stato e delle parti che lo compongono sia sul piano interno che su quello esterno.
I pagamenti elettronici sono la chiave d’accesso per l’economia digitale e come tali sono portatori di competenze, consapevolezza, semplificazione e benessere. Sul conseguimento di questi obiettivi è necessario concentrarsi ed è su questo punto che la nostra Associazione interverrà ancora a sostegno di cittadini e imprese, e in collaborazione con le Istituzioni.
In definitiva, il progetto cashless – ed è questo forse l’aspetto che spesso sfugge di più – non riguarda solo l’incentivazione della moneta elettronica ma soprattutto il processo di inclusione digitale che parte dall’ottenimento dello SPID e passa dall’inserimento dei dati sulle piattaforme abilitate all’erogazione del bonus, arrivando fino al rapporto tra PA e cittadini e viceversa, un meccanismo virtuoso quantificabile, per iniziare, in almeno mezzo punto di PIL, che potrebbe sembrare poco, ma parliamo di miliardi.