Il prossimo 17 aprile si riproporrà, da parte della Banca centrale europea, la decisione sulla riduzione dei tassi di riferimento. Come ormai abitudine non sarà una decisione semplice in quanto si stanno presentando varie contraddizioni che potrebbero influenzare la scelta. A favore dell’ulteriore riduzione, si rivela utile la diminuzione dell’inflazione in Francia e in Spagna, che fa ritenere probabile un calo del dato generale dell’Unione.
I consumatori sembrano non avere forti preoccupazioni inflazionistiche per l’immediato futuro. La riduzione di ulteriori 25 punti base è una possibilità pragmatica per supportare le imprese, in presenza delle incertezze derivanti dall’imprevedibile applicazione dei dazi da parte degli Stati Uniti.
Un ulteriore elemento positivo è la sensazione che i mercati credano nella nuova riduzione pari al 2,25%. Contro “gioca” la stessa posizione dei “falchi” della Bce che predicano più cautela e un rinvio del taglio. Il raggiungimento del target del 2% del tasso di inflazione, raggiungibile, probabilmente, nel 2026 e non nell’anno in corso.
Gli stessi consumatori sono preoccupati per la crescita economica che dovrebbe essere minore rispetto alle aspettative. A livello più generale, incidono la debolezza dell’economia europea, le questioni geopolitiche e le prospettive economiche degli Stati Uniti, che si sono deteriorate. Inoltre, l’area euro deve affrontare rischi a ribasso nel breve termine a causa dei dazi che, reciproci o meno, incideranno sui prezzi industriali e al consumo e, conseguentemente, sull’inflazione.
A livello di mercato le attese sono di un taglio immediato e uno successivo, probabilmente post estivo. Scelta che farebbe rientrare il tasso di riferimento nel target BCE ma, allo stesso tempo, potrebbe scomparire l’aspettativa finale di un tasso all’1,75%, previsto solo alcuni mesi addietro.
L’ultima valutazione dovrà riguardare i tassi di mercato, con l’Euribor sopra l’attuale tasso di riferimento (14 punti base) e l’Euribor inferiore (-18 punti base)
Qualunque sarà la decisione, ci saranno conseguenze per i titolari di mutui già accesi e di quelli che devono accenderlo.
Il tasso fisso del mutuo, oggi, è più conveniente rispetto al variabile, ma è probabile che la differenza tra i due tassi si riduca progressivamente, fino a invertirsi, almeno per i prossimi quattro o cinque anni.
Una delle motivazioni risiede nel fatto che la politica economica tedesca avrà impatto sui tassi a medio/lungo termine: l’Eurirs a 30 anni è salito di 42 punti base in un mese; rialzo che potrà incidere sulle decisioni della BCE, in quanto è difficile prevedere una sua diminuzione, quindi dei tassi dei mutui ad esso ancorati.
Nello stesso mese, l’Euribor a tre mesi è, invece sceso di 14 punti base.
I due parametri si sono già ravvicinati e la forbice si dovrebbe restringere ancora di più.
Ultimo elemento da valutare è l’applicazione dello spread da parte delle singole banche. Attualmente, sui mutui variabili si attesta intorno all’1%, con ulteriori tagli dei tassi BCE lo spread dovrebbe abbassarsi per rendere i mutui a tasso variabile più concorrenziali. Scelte non semplici, che hanno comunque la possibile soluzione, se dovessero modificarsi le condizioni, di ricorrere alla surroga, ancora uno degli elementi ancora più importanti nel comparto dei mutui per le abitazioni residenziali.
In una situazione tanto incerta, sarebbe utile che la Banca Centrale Europea, pur con tutti i caveat necessari, dia un’indicazione sulla traiettoria futura che intende tracciare, per evitare che una situazione tanto intricata, a tutti i livelli, l’irrigidimento delle condizioni applicate ai finanziamenti.