I pagamenti elettronici hanno beneficiato del lockdown e quest’anno il loro utilizzo crescerà più delle previsioni, soprattutto se nel secondo semestre 2020 verranno mantenute le premesse del precedente.
Una tendenza che segue l’onda lunga dell’anno precedente. Nel 2019, secondo i dati rilasciati di recente dall’annuale studio effettuato dalla Casaleggio Associati, il fatturato del commercio elettronico è cresciuto del 17% rispetto al 2018 (ancora in tempi precrisi sanitaria) arrivando a 48,5 miliardi di euro, il tutto maturato per quasi la metà attraverso gli strumenti mobile, coinvolgendo per la grande maggioranza delle transazioni pagamenti effettuati tramite carta di credito o altri sistemi digitali.
Evidentemente, quindi, il Governo conosceva bene questi dati e queste prospettive di crescita quando nella stesura del cosiddetto decreto-legge rilancio ha sostanzialmente cancellato il fondo di 3 miliardi di euro stabilito dalla legge di bilancio 2020 come incentivo ai cittadini che avrebbero scelto di utilizzare prevalentemente strumenti di pagamento alternativi al contante, destinando tali (ed altre) risorse alla copertura di un’eterogenea serie di misure previste dal decreto stesso.
A questo punto, però, è necessario fare una precisazione. Le previsioni coperte, tra le altre, da quei famosi 3 miliardi, pur nella loro variegata eterogeneità e nella per lo più estraneità all’originaria destinazione delle risorse, sono in buona parte anche meritevoli di attenzione, soprattutto in un momento di crisi come quello che stanno subendo vari comparti produttivi, tanto più che all’effettiva istituzione del fondo era stato dato ben poco seguito. Si va dal tax credit per le vacanze, all’istituzione di un fondo per il turismo, all’istituzione di un altro fondo per la digitalizzazione, agli investimenti nella ricerca, al sostegno ai lavoratori e diverse altre.
Il problema subentra, invece, nel momento metodo con cui si sia andati a intaccare un fondo che pur era già stabilito da una legge programmatica dello Stato di pochi mesi prima creando una crepa nella certezza del diritto e dei diritti per imprese e cittadini senza, tra l’altro, un’opportuna concertazione – necessaria anche in momenti di emergenza – con tutti i corpi intermedi chiamati in causa.
A questo punto, accettiamo che, considerata la particolare situazione che stiamo vivendo, ognuno di noi debba essere chiamato a fare la propria parte, ma questo non debba diventare un pericoloso vulnus da riproporre sistematicamente anche in futuro, soprattutto senza coinvolgere le parti chiamate poi effettivamente in causa.