di Pierfrancesco Malu
In anni come quelli che stiamo vivendo, chiederci di imparare dal passato e dai nostri errori sarebbe, forse, un esercizio fin troppo difficile da svolgere. Eppure, lo schema è sempre lo stesso: all’emergere di gravi crisi economiche, politiche o sanitarie, lo spazio della democrazia si riduce e cresce l’autoritarismo. Questo è il fenomeno cui – sotto varie forme e diverse intensità – stiamo assistendo oggi in Europa.
Nel nostro continente, infatti, la pandemia da coronavirus potrebbe diventare l’occasione propizia per favorire la deriva autoritaria in vari regimi. Attualmente, il caso più eclatante è quello dell’Ungheria il cui Presidente Viktor Orban ieri ha ricevuto dal Parlamento i pieni poteri – di fatto poco meno che dittatoriali – per gestire la crisi. Il fatto è che, secondo quanto previsto, tali poteri sono rinnovabili senza limite. Inoltre, Orban governerà per decreto, avrà la facoltà di chiudere il Parlamento, e chi diffonderà fake news – o verosimilmente critiche sulla gestione della crisi da parte del governo – potrà essere condannato con fino a 5 anni di prigione. Dopo le varie leggi restrittive o bavaglio per la stampa che l’Ungheria di Orban adotta già da qualche tempo, le ultime misure che – ricordiamo – possono essere ulteriormente inasprite e revocate solo per volere di Orban stesso, fanno precipitare un membro dell’Unione Europea in una dittatura di fatto anche se giustificata dallo stato di necessità.
Ed è proprio su questo punto che si discute. In Ungheria, infatti, al momento, vi sono stati solamente poco più di 400 casi e meno di 20 morti da coronavirus, una situazione in evoluzione, certo, ma che appare tutt’altro che emergenziale e che non giustifica una così forte concentrazione di poteri con la parallela esautorazione del Parlamento (per suo stesso volere tra l’altro).
Gran parte dei paesi europei ha dato risposte eccezionali alla crisi che stiamo vivendo attraverso l’adozione di decreti emergenziali (e anche su questa modalità di governo si potrebbe discutere). Le democrazie occidentali hanno riconosciuto agli esecutivi dei poteri straordinari relativi all’attuale situazione ma nessuna di loro ha ecceduto estendendo ad libitum tali poteri. L’Ungheria sì. La democrazia non può essere riposta in un cassetto o peggio svilita considerandola poco più di un male necessario ma, possibilmente, evitabile, soprattutto per snellire le procedure.
La risposta dell’UE, al momento, è arrivata tramite le dichiarazioni del presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen, secondo la quale le misure ungheresi debbano almeno essere circoscritte a quanto strettamente necessario a gestire l’emergenza sanitaria. La Von Der Leyen ha, infatti, dichiarato: “La Ue e’ fondata sui valori di liberta’, democrazia, le regole della legge e il rispetto dei diritti umani e il rispetto della liberta’ di espressione e della certezza legale sono essenziali in questi tempi incerti’. Di conseguenza ‘le misure di emergenza devono essere limitate a quanto e’ necessario e strettamente proporzionato, non devono durare indefinitivamente e i governi devono assicurarsi che siano soggetto a regolare controllo”. Parole ferme anche se non particolarmente sferzanti che nei fatti autorizzano Orban a procedere per la sua strada.
La speranza è che l’appello europeo venga ascoltato e che le intenzioni del governo ungherese siano davvero solo quelle di affrontare la crisi in maniera più efficace e non di dare un giro di vite a dissidenti ed oppositori.
Una situazione del genere è davvero l’ultima che l’UE può permettersi al suo interno, soprattutto ora che è strattonata dai sovranisti provenienti da Nord a Sud e da Est a Ovest e dalla recrudescenza dei nazionalismi che accrescono sempre di più il pericolo di farla andare in frantumi. Anche in situazioni come questa si dimostra la solidarietà, tra i popoli prima ancora che tra gli stati, che sta alla base della costituzione europea stessa. I paesi europei non possono commettere l’errore di sottovalutare quanto sta accadendo in questi giorni per non diventare domani complici essi stessi di quello che potrebbe avvenire.
Se deroghiamo oggi al più fondante dei principi che hanno portato alla costituzione dell’Unione Europea e che ne hanno regolamentato l’adesione per anni, ne determineremo la fine ancora prima che si consumi lo scontro tra i vari paesi sul come affrontare la crisi sanitaria ed economica.