di Pierfrancesco Malu
Questo avrebbe dovuto essere un mese di elezioni. Erano, infatti, in programma le elezioni regionali in Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia e Valle D’Aosta oltre a quelle in più di 1000 comuni e capoluoghi di provincia e di regione. Inoltre, il 29, era in programma il tanto atteso referendum sul taglio del numero dei parlamentari.
Nulla di fatto. Con la recrudescenza del contagio da coronavirus e la conseguente quarantena, le istituzioni in scadenza sono state di fatto congelate e le elezioni rinviate a momenti migliori.
Ciò che sta avvenendo fa scaturire, tuttavia, qualche dubbio.
Al di là del quesito dottrinale sulla legittimità di congelare oltre la scadenza le istituzioni democratiche, viene da chiedersi anche se, proprio in virtù dell’emergenza attuale, sia corretto posticipare a data da destinarsi la più importante attività democratica quale è il voto, senza aver previsto soluzioni alternative.
Da anni, ad esempio, si dibatte a proposito del voto a distanza e di quello online e, recentemente, si è fatta strada l’ipotesi di un voto garantito dalla blockchain. Ecco, questa situazione così critica e delicata sarebbe stata l’occasione ideale per testare le nuove tecnologie, anche perché, pur nelle emergenze, la democrazia non può essere “sospesa”.
Chiaramente, come in questi giorni ha dichiarato anche dal Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico “Tutto si può fare ma non può essere elaborato in una settimana di emergenza”. È evidente, infatti, che, tra le tante emergenze cui istituzioni e cittadini devono badare in questi giorni, organizzare su due piedi un sistema online di votazione che sia anche sicuro ed affidabile non rientri tra le priorità. Questa evidenza inoppugnabile, tuttavia, non scioglie la questione: un tale sistema avrebbe dovuto essere implementato già da tempo, per gli studenti e i lavoratori fuori sede, per gli abitanti di comunità disagiate e per tutti quei cittadini che non hanno possibilità di esercitare il voto pur avendone pieno diritto.
Nel mondo digitale in cui viviamo e che proprio in queste settimane sta sottolineando la sua importanza anche come strumento di inclusione sociale, internet e le nuove tecnologie sono un fondamentale strumento civico e un bene primario a tutti gli effetti.
Di conseguenza, anche ai fini democratici, abbiamo il dovere di utilizzare ciò che la tecnologia ci mette a disposizione per includere nel processo democratico sempre più persone, anche tra i più giovani, e permettere che i più fondamentali principi che sono alla base dello Stato di diritto vengano assicurati in qualsiasi condizione.