E’ stato presentato ieri il 16° rapporto Censis su “i media e la costruzione dell’identità” dal quale emergono interessanti spunti di riflessione che possono aiutarci a capire meglio il mondo che sta cambiando.
Da quanto si legge nel report, infatti, “Se la diffusione dei media personali, la disintermediazione digitale, la biomedialità hanno cambiato il modo di rapportarsi alla realtà circostante, in base a quali modelli oggi si costruiscono le identità individuali e collettive?”. Una domanda complessa, alla quale un giovane sotto i 25 anni su dieci risponde che l’appartenenza alle community online rappresenta un fattore di identificazione più forte del lavoro, o della nazionalità, o della famiglia. Detto questo, la famiglia rimane ancora saldamente il primo fattore di identificazione per il 76,3% degli italiani.
Tuttavia, il ruolo svolto dal mondo digitale è sempre più importante per stimolare il senso di appartenenza delle giovani generazioni.
Rimane forte il ruolo della televisione anche se cambia il modo in cui si usufruisce dei suoi contenuti. Cala, infatti, la tv tradizionale ma cresce quella smart: la mobile tv ad esempio è passata dall’1% di spettatori nel 2007 all’attuale 28,2%, con un aumento del 2,3% solo nell’ultimo anno. Stesso discorso si può fare per quanto riguarda la radio che rimane stabile se ascoltata in auto ma cresce nella fruizione tramite sistemi innovativi.
Dallo studio è confermata anche la passione degli italiani per lo smartphone sia in termini di acquisti (quadruplicati in dieci anni) sia in termini di fruitori. Gli utilizzatori, infatti, salgono dal 73,8% al 75,7% (nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Per quanto riguarda poi i social network, i più popolari sono YouTube, utilizzato dal 56,7% degli italiani (ma il dato sale al 76,1% tra i 14-29enni), Facebook dal 55,2% (dal 60,3% dei giovani), Instagram dal 35,9% (dal 65,6% degli under 30). E WhatsApp è utilizzato dal 71% degli italiani: il 3,5% in più in un anno.
Il nostro Paese è poi generazionalmente diviso a metà. Gli over 65, infatti, sostengono ancora i media tradizionali come tv e stampa mentre i giovani entro i 30 anni utilizzano principalmente i canali digitali per reperire informazioni.
Per quanto concerne, infine, le differenze territoriali, nelle aree metropolitane hanno preso più piede sia la mobile tv (31,6%) che la tv on demand (31,3%). Al contrario, nei centri urbani minori (fino a 10.000 abitanti) i consumi mediatici sono per la maggior parte al di sotto della media nazionale, con la sola eccezione dei quotidiani: il 40,5% di lettori, cioè il doppio rispetto alle grandi città.