Il mercato digitale italiano è maturo ma le nostre imprese arrancano ancora nelle retrovie delle statistiche a livello europeo e mondiale. La recente ricerca sviluppata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, e presentata in occasione della fiera internazionale A&T di Torino, non lascia molti diritti di replica a riguardo. L’88% delle piccole medie imprese italiane considera le innovazioni come «molto o abbastanza necessarie» per lo sviluppo del business. Tuttavia, solo il 26% è pronto a sfidare i mercati mondiali. Ancora una volta, le imprese italiane – così come buona parte dei cittadini – ritengono fondamentale l’apporto del digitale per lo sviluppo degli affari ma non sono, allo stesso tempo, pronti o propensi ad investire e a sfruttarne le potenzialità.
Molte imprese italiane devono ancora lottare con la loro stessa scarsa propensione agli investimenti innovativi ma anche con una gestione non sempre oculata degli investimenti innovativi. Il 65% delle imprese coinvolte dall’intervista svolta su oltre 1.500 pmi, ha un responsabile It e/o un innovation manager che gestisce e dirige progetti legati all’innovazione digitale e tecnologica, ma realizzati da fornitori terzi; il 18% ha una figura dedicata a uno specifico ambito del digital senza un presidio generale (per esempio, un responsabile della sicurezza informatica, un e-commerce manager oppure un Data Scientist); mentre il 17% non ha alcuna figura interna legata a queste tematiche.
Il quadro che viene tratteggiato è, quindi, quello di una imprenditoria consapevole di quanto l’innovazione sia strategica, ma che concretizza poco. Una bassa propensione agli investimenti innovativi da parte delle pmi italiane è un danno causato a tutto il sistema in quanto esso stesso composto per lo più da piccole o medie imprese che rappresentano il 41% del fatturato nazionale. Le economie di scala sono sempre stato un parziale limite per lo sviluppo industriale italiano e l’attuale necessità di investimenti innovativi ne smaschera i limiti.
Il ritardo è dovuto in parte agli investimenti mancati per volontà (o mancanza di volontà), in parte, però, anche al costo che queste imprese dovrebbero sostenere per l’acquisto di nuove tecnologie. Tuttavia, i mancati investimenti sono in gran parte imputabili ad un aspetto ancora peggiore: la mancanza di informazione e competenza in materia. L’indagine, infatti, ha fatto emergere la scarsa conoscenza da parte delle imprese degli incentivi governativi in vigore, in particolare nel Centro e Sud Italia: per esempio il 68% degli imprenditori non è aggiornato sugli incentivi relativi ai voucher consulenza in innovazione promossi dal Mise. Una tendenza che in parte migliora nel Nordovest, dove c’è un maggiore livello di maturità digitale relativa a specifici processi interni. Per esempio, il grado di adozione di sistemi gestionali e di tecnologie IoT è più elevato, ma guardando a un processo di innovazione a 360° i dati preoccupano: il 13% non ha alcuna figura che si occupa delle tematiche Ict e digital, il 32% non adotta soluzioni di cybersecurity, il 20% non ha un sito web.
La sicurezza informatica è il limite più importante nel quale versano le nostre imprese. Gli attacchi informatici a sistemi e dati delle imprese italiane, infatti, fanno registrare una crescita a doppia cifra (secondo il rapporto Clusit +99% nel 2018, rispetto all’anno precedente). Un’impresa su quattro, infatti, ha affermato di essere stata vittima di almeno un attacco informatico nel corso della sua vita aziendale. Ma a fronte del rischio crescente di furti di dati, la difesa delle piccole medie imprese italiane resta debole. Il 30% delle pmi non presidia attivamente la cybersecurity, principalmente per mancanza di figure dedicate e competenti e per disinteresse.
Infine, cresce la presenza web delle aziende che nell’80% dei casi possiedono un sito, rimanendo però ampio il divario con le grandi imprese per quanto riguarda la capacità di rendere il sito user friendly.
L’Italia digitale delle pmi si conferma quindi la terra del vorrei ma non posso (o non voglio in alcuni casi): si capisce l’importanza dell’innovazione ma non si riesce ad offrire un’alternativa determinante in grado di favorire la crescita dell’interno sistema.