Il recente studio della Commissione Europea Tax policies in the European Union rivela che, nel 2019, sono ben sette i paesi del nostro continente che hanno deciso di dotarsi di una web tax. Quindi, a parte i casi più discussi di Francia e Italia, anche altri cinque (membri dell’Unione e non) hanno preso la decisione di tassare i proventi delle compagnie digitali.
La web tax viene inserita dallo studio europeo tra le misure che riguardano la frode, l’evasione e l’elusione fiscale, che secondo la commissione Ue, «è rimasta un’importante area di riforma a livello nazionale nel 2018- 2019, a completamento dell’azione a livello Ue».
È chiaro che per andare oltre questi problemi sia richiesta ai paesi membri una profonda riforma fiscale, normativa e la modernizzazione delle misure antiabuso rivolte al contrasto delle attività “illecite” sfruttando anche metodi e strumenti innovativi.
Quali sono gli altri paesi europei che prevedono l’introduzione della web tax?
Austria. Nel 2019, il Parlamento locale ha pubblicato un progetto di legge che introdurrebbe una web tax del 5% sui ricavi pubblicitari digitali.
Repubblica Ceca. In questo caso, la proposta sarebbe quella di introdurre una web tax del 7%, che si rivolgerà principalmente alla pubblicità web dei grandi gruppi e alla vendita di dati personali.
L’Ungheria ha introdotto una tassa sui ricavi pubblicitari già nel 2015 con un’aliquota del 5,3% e l’ha portata al 7,5% nel 2017.
La Spagna ha approvato un disegno di legge che prevede l’imposizione di un’imposta del 3% sulle entrate delle grandi imprese tecnologiche.
Il Regno Unito ha annunciato che applicherà una tassa del 2% sulle entrate di un sottoinsieme di imprese digitali che traggono valore dagli utenti con sede nel Regno Unito.
A questi cinque paesi si aggiungono poi i già citati casi di Francia e Italia. Per quanto riguarda i francesi, sembrava cosa fatta ma la minaccia dei dazi americani ha fatto rallentare il progetto mentre per quanto riguarda l’Italia la posizione rimane salda al momento nel richiedere una decisione comune in ambito OCSE.
Nel frattempo, l’UE è pronta a lanciare la propria strategie in ambito di tassazione dei profitti tecnologici stabilendo un’azione coerente orientata su tre pilastri principali: tecnologie per le persone, economia digitale equa e sostenibile e società digitale sostenibile.
Per l’Unione Europea – priva di campioni tecnologici un po’ per scelta un po’ per incapacità di produrne – la scelta della web tax è una decisa virata di necessità sostenuta da ciò che l’Unione tradizionalmente sa fare meglio: creare normative.
La speranza è che si trovi un accordo anche in ambito OCSE per evitare che si proceda in ordine sparso e sparpagliato divenendo più facilmente oggetto di dazi e ricatti stranieri.