La tecnologia ha aiutato i consumatori ad automatizzare la propria vita, sia ordinando cibo o generi alimentari con pochi clic con una app o aiutandoli per evitare il traffico o controllare la temperatura delle case ora per ora attraverso l’uso di termostati intelligenti. Soddisfare le esigenze di semplificare e velocizzare le operazioni, permettendo di dirottare la concentrazione su altre attività lo scopo finale di ogni consumatore. L’intelligenza artificiale è lo strumento che ci permette di ottenere tutto questo venendo incontro alle numerose (e crescenti) esigenze che ciascuno di noi può maturare quotidianamente.
In questi giorni è stata diffusa la ricerca Retail Transformation 2.0 del Digital Transformation Institute e Cfmt dalla quale apprendiamo che gli italiani hanno accresciuto la consapevolezza riguardo le potenzialità dell’intelligenza artificiale ma, allo stesso tempo, nutrono dei dubbi sulla capacità (e l’opportunità) che i robot sostituiscano l’uomo in numerose attività.
I risultati del sondaggio svolto in collaborazione con SWG ci dicono che, rispetto all’anno scorso, negli italiani è aumentata dal 64 all’80% il desiderio di confrontarsi con macchine in grado di percepire ciò che provano le persone. In calo, però, rispetto all’anno scorso la percentuale di italiani che considerano le macchine in grado (meglio di un essere umano) di arbitrare una partita di calcio (-9%), di comporre musica (-6%), di presentare potenziali amici (-5%), ma anche nello scrivere articoli di giornale, selezionare personale, diagnosticare le malattie o guidare (-4%). Peggiora il grado di fiducia nelle macchine in prospettiva futura da qui a dieci anni, con l’unica eccezione delle faccende domestiche che gli intervistati delegherebbero più volentieri dello scorso anno (+5%) a una Ai. “I dati mostrano un sostanziale miglioramento nella consapevolezza degli italiani circa il ruolo dell’intelligenza artificiale nella società e nel business”, spiega in una nota Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute. “Tuttavia, andandoli ad analizzare nei dettagli, si nota come ad aumentare sia soprattutto la consapevolezza del fatto che tali tecnologie sono molto potenti. Addirittura, per certi versi, in alcune fasce d’utenza c’è una percezione di portata dell’intelligenza artificiale superiore al reale, almeno nel breve e medio termine. Ciò dipende dal clamore mediatico e dallo spazio dato al tema dell’Ai, ma guardando al feeling delle persone si percepisce un mix di entusiasmo e paura, il primo nelle fasce più digitalmente evolute, la seconda in tutti gli altri. Il problema centrale è che dobbiamo smettere di chiederci – come singoli, come aziende, come istituzioni – se l’intelligenza artificiale sia positiva o negativa, se faccia bene o male, se crei o distrugga posti di lavoro. Dovremmo invece interrogarci su quali sono i passi da compiere perché sia uno strumento utile a perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale ed ambientale che economico”.