Per le donazioni il digitale è la scelta preferita rispetto al contante. Almeno tra il pubblico più maturo dal punto di vista digitale, un campione rappresentativo di internauti italiani di età compresa tra i 18 e i 64 anni, raggiunti da Bva Doxa per l’annuale ricerca Donare 3.0 per Rete del Dono e PayPal. Alla domanda «come hai donato», la quota che dona in contante è passata dal 37% al 38% tra il 2021 e il 2022, mentre coloro che dichiarano una donazione digitale sono passati dal 35% al 42 per cento. Un’accelerazione dovuta da un lato all’effetto pandemia che ha spinto la transizione digitale del terzo settore e le abitudini degli italiani. Dall’altro alla progressiva adozione di strumenti digitali, dalle piattaforme di crowdfunding alle aste on line. In questo contesto le oltre 363mila organizzazioni non profit – riportate dall’Istat nell’ultimo censimento diffuso un paio di settimane fa – sono chiamate a un passaggio cruciale che riguarda la loro stessa identità. «L’innovazione tecnologica e il digitale sono la porta d’accesso per avvicinare i nuovi donatori e il canale attraverso su cui transitano di più le donazioni. Su questo le organizzazioni sono ancora timide – spiega Paolo Venturi, direttore di Aiccon, centro studi di Alma Mater Università di Bologna – L’orientamento verso una visione in questa direzione e l’investimento in competenze non possono essere una protesi, ma la cultura attraverso cui ingaggiare la missione di una organizzazione». Quest’anno l’indagine si è focalizzata sulla cultura, da sempre la cenerentola delle donazioni individuale, la terz’ultima in Italia nella classifica delle cause dove svettano salute e ricerca (55%), tutela dell’ambiente e degli animali (27%), assistenza sociale (26%). Eppure la tendenza è quella al miglioramento. Il 43% degli italiani dichiara di aver fatto almeno una donazione a questo scopo con una predilezione per patrimonio culturale (27%), seguito da progetti culturali territoriali (15%), musei (12%), performing art (8%). «È un settore che ha grandi potenzialità – commenta Vitali – In particolare possono crescere i progetti culturali territoriale, il welfare culturale, progetti di inclusione sociale».
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