di Maurizio Pimpinella
Con il termine pump&dump (“pompa e sgonfia”) si intende una tipologia di frode che consiste nel far lievitare artificialmente il prezzo di un’azione, o di un asset, a bassa capitalizzazione con l’obiettivo finale di rivenderla ad un prezzo superiore, ingannando di fatto gli investitori. Oggi, nel mondo di internet, di twitter, di instagram e degli influencer in generale questa rappresenta una pratica sempre più diffusa e sempre più incisiva i cui effetti finali possono essere compresi solo in una certa percentuale.
Di recente, ad esempio, è balzata agli “onori” delle cronache statunitensi (meno alle nostre latitudini), una maxi-frode che ha coinvolto tra gli altri il famoso pugile Floyd Mayweather e Kim Kardashian. Secondo la Corte distrettuale centrale della California, questi personaggi famosi avrebbero “prestato” la propria immagine e la loro capacità di influenzare gli investitori a EthereumMax per “promuovere e vendere in modo ingannevole” criptovalute, proprio attraverso campagne di comunicazione e “pubblicità sui social media e altre attività promozionali”. Secondo l’accusa, attraverso una comunicazione ingannevole, il prezzo delle criptovalute è stato forzosamente “pompato”, inducendo gli investitori all’acquisto salvo poi trovarsi con un pugno di mosche. Da simili premesse, è normale che sia stata poi aperta un’inchiesta e una class action nei confronti dei presunti frodatori.
Quanto sommariamente illustrato è un fenomeno in rapida espansione e che, a partire dai mesi scorsi, ha in qualche modo coinvolto anche il fondatore di Tesla Elon Musk il quale con un semplice tweet pro Dogecoin ha letteralmente fatto schizzare il valore della moneta, causando in vari casi più di un dubbio riguardo il suo disinteresse dall’oscillazione del valore della “moneta del corgi” fino ad allora quasi sconosciuta. A prescindere dalle intenzioni di Musk – che non stiamo qui a sindacare – questo è però un caso da manuale di come un semplice tweet possa essere in grado sia di spostare le opinioni di centinaia di migliaia di persone in una volta sola sia condizionare l’andamento del mercato.
Questo genere di attività, quindi, se rapportate ad asset altamente speculativi e volubili come possono essere le criptovalute, sono da percepire allo stesso tempo come un’iniezione di “droga” e di “polvere da sparo” nell’asset stesso e nel mercato in generale in quanto si favorisce la loro lievitazione da un lato mentre dall’altro si creano i presupposti affinché il tutto possa esplodere in una grossa bolla speculativa, per non dire in una vera e propria frode quando questo genere di operazioni sono condotte ad opera d’arte.
In questo mondo, in cui anche i consigli finanziari e sugli investimenti possono giungere un po’ da chiunque, senza che questi “promotori” abbiano effettivamente un’autorevolezza o una specifica competenza in materia e il cui valore aggiunto è essenzialmente quello di essere “influenti” relativamente ad uno specifico pubblico più o meno ampio, è però necessario che il perimetro della regolamentazione e della vigilanza allarghi i propri confini affinchè, per quanto possibile, i consumatori possano godere di una “copertura normativa” ampia tanto quanto le sollecitazioni che possono ricevere. Oggi più che mai è inopportuno parlare di censura ma, accanto ad una più solerte sensibilizzazione a tappeto dei singoli consumatori è necessario anche poter intervenire tempestivamente per bloccare simili condotte fraudolente anche perché, per quanto esperti, competenti ed informati, esisteranno sempre sacche di insipienza o di leggerezza che possono poi aprire enormi falle nelle dighe protettive e far cadere danni a cascata anche per gli investitori più accorti.