di Maurizio Pimpinella
L’ambito sanitario, anche se spesso non sembra, è tra quelli che più stanno risentendo degli effetti della trasformazione digitale, anche a causa delle necessità imposte dalla pandemia.
Il nostro è un servizio sanitario già molto sviluppato, a tratti tentacolare, ed è evidente che proprio in questo, inteso anche come una diramazione della PA stessa, sia più pressante la necessità di inclusione digitale da parte dei cittadini, ciò che contribuisce ad accrescerne anche la conoscenza e il ricorso agli strumenti innovativi anche da parte di medici e strutture sanitarie. La spesa per la Sanità Digitale è ancora però ad un livello embrionale, anche se cresciuta del 5% nel 2021 rispetto a quello precedente, raggiungendo un valore di 1,5 miliardi di euro, pari all’1,2% della spesa sanitaria pubblica. Il digitale pertanto sta entrando nelle case degli italiani ed è un canale sempre più usato dai cittadini per cercare informazioni: il 73% ha cercato in rete informazioni sui corretti stili di vita (rispetto al 60% del 2020) e il 43% si è informato online sulla campagna vaccinale. Ma anche per la prevenzione e il monitoraggio della propria salute, con il 33% dei pazienti che usa App per controllare il proprio stile di vita e più di uno su cinque che utilizza App per ricordarsi di prendere un farmaco (22%) o per monitorare i parametri clinici (21%). La Telemedicina è entrata nell’agenda pubblica e a questa è stato dedicato 1 miliardo di euro di risorse all’interno del PNRR, e nella quotidianità dei medici, fra i quali la percentuale di utilizzo è passata da poco più del 10% pre-Covid a oltre il 30% durante la crisi sanitaria per la maggior parte delle applicazioni.
Lo scenario è in netto miglioramento rispetto al passato, tuttavia, ciò non deve illudere di aver raggiunto risultati soddisfacenti in tale ambito, anzi. Il cambiamento imposto dalla digitalizzazione e il carattere universale del servizio e dell’assistenza ai cittadini (sancito tra l’altro dall’articolo 32 della Costituzione) impongono uno sforzo ancora maggiore in termini di inclusione affinchè, soprattutto le categorie più fragili della popolazione, siano tutelate.
Il processo di digitalizzazione del sistema sanitario è ancora frammentato e disomogeneo. Questo, in parte, può essere imputato alla stessa natura della sanità pubblica di competenza regionale. A partire quindi dalle competenze di base arrivando fino all’omogeneità del costo dei prodotti, dei servizi e delle prestazioni su tutto il territorio nazionale è necessaria l’armonizzazione dei servizi sanitari verso uno standard comune minimo capace di far fronte, tra l’altro, anche alle esigenze di una popolazione in rapido mutamento. Ad esempio, se le recenti Linee Guida in materia di telemedicina, pubblicate dal Ministero della Salute nel dicembre 2020, hanno finalmente fornito utili strumenti agli operatori per l’individuazione dei servizi erogabili a distanza e l’inserimento degli stessi nei Livelli Essenziali di Assistenza, l’attuazione di tali Linee Guida è rimessa a Regioni e Province autonome, senza un effettivo coordinamento a livello nazionale. Ciò potrebbe persino condurre ad un cambiamento del dettato Costituzionale in tale materia che non dovrebbe essere escluso aprioristicamente.
Tornando poi sempre nell’ambito delle competenze, quelle digitali dei professionisti sanitari, oggi sono da considerarsi ancora insufficienti per stare al passo con le nuove tendenze della rivoluzione tecnologica. Il 60% dei medici specialisti e dei medici di medicina generale ha sufficienti competenze digitali di base (Digital Literacy), legate all’uso di strumenti digitali nella vita quotidiana, ma solo il 4% ha un livello soddisfacente in tutte le aree delle competenze digitali professionali (eHealth Competences). Un SSN più digitale e connesso, poi, non può prescindere da un’adeguata gestione e valorizzazione dei dati in sanità, ma l’asset principale per la raccolta dei dati sui pazienti, il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), è ancora poco sfruttato: solo il 38% della popolazione ne ha sentito parlare e solo il 12% è consapevole di averlo utilizzato. A questo proposito, potremmo prendere esempio dalle buone pratiche a noi vicine. Nell’ambito della digitalizzazione dei servizi pubblici, ad esempio, l’Estonia rappresenta un’eccellenza che va oltre il panorama europeo. Nel paese baltico la blockchain applicata alla sanità è ormai una realtà consolidata e il 95% circa dei dati sanitari è digitalizzato e certificato.
Rimanendo sempre nell’ambito delle competenze, la sfida è quella di avanzare proposte e progetti operativi al fine di scongiurare l’”isolamento digitale” soprattutto delle fasce della popolazione più deboli come gli anziani, i disabili e tutti coloro i quali o hanno ridotte competenze o ridotto accesso alle risorse digitali.
Il PNRR rappresenta una grande opportunità (in questo come negli altri ambiti) non solo per le risorse messe in campo (destinate in parte considerevole al Mezzogiorno) – 7 miliardi per lo sviluppo di reti di prossimità, strutture e Telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, e 8,63 miliardi per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del SSN – ma perché traccia gli obiettivi da perseguire per costruire la Sanità del futuro, dallo sviluppo di cultura e competenze digitali nei medici e nei cittadini a una migliore governance delle iniziative digitali e a una più diffusa collaborazione fra i vari attori del sistema sanitario. Ora poi è stato avviato l’iter di attuazione degli interventi della Missione salute del Pnrr: sono state suddivise fra le Regioni le risorse, pari a quasi 18,5 miliardi di euro, destinate agli interventi del Piano nazionale ripresa e resilienza e del Pnc, il Piano per gli investimenti complementari
In quest’ottica, sarà poi di cruciale importanza riuscire a realizzare una corretta sinergia tra investimenti pubblici e investimenti privati finalizzati alla realizzazione di un sistema più ricco ed efficiente, orientato fortemente al servizio al cittadino. E’ quindi evidente la necessità di procedere anche in una logica sinergica per quanto riguarda l’ambito della ricerca che deve viaggiare di pari passo a quello della formazione di operatori del settore e cittadini.