Gianni Murano, presidente di Unem (Unione Energie per la Mobilità), ha espresso forti perplessità sulla recente proposta avanzata dalla Commissaria europea per la transizione ecologica, Teresa Ribera, che prevede una nuova tassazione basata sulle emissioni di CO₂ per le auto private e aziendali. La misura rientra nelle indicazioni dell’Unione Europea per l’attuazione del Piano nazionale Energia e Clima.
Secondo Murano, il principio alla base della proposta potrebbe anche essere accettabile, ma solo se si valutassero le emissioni di anidride carbonica lungo l’intero ciclo di vita dell’auto, ovvero dalla produzione fino allo smaltimento. Limitarsi a considerare solo le emissioni allo scarico – cioè quelle prodotte durante l’uso – rischia di creare un forte squilibrio che discrimina i veicoli con motore a combustione interna e favorisce in modo forzato la diffusione dell’auto elettrica.
Il presidente di Unem accusa la Commissione europea di non rispettare il principio di neutralità tecnologica, un criterio secondo cui tutte le tecnologie dovrebbero avere la possibilità di contribuire alla riduzione delle emissioni, senza che alcune vengano sfavorite a prescindere. Questo tipo di approccio – spiega Murano – penalizza interi comparti industriali europei e milioni di automobilisti, molti dei quali non hanno le possibilità economiche o la volontà di passare all’elettrico, come si legge su Borsa Italiana.
Murano sottolinea che la transizione ecologica deve essere anche socialmente ed economicamente sostenibile. Per questo motivo, secondo lui, è fondamentale che ogni soluzione tecnologica – che si tratti di motori termici evoluti, ibridi o elettrici – possa contribuire alla decarbonizzazione, purché venga valutato il reale impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita del veicolo, e non solo in fase di utilizzo.
Un altro elemento che Murano porta all’attenzione è l’enorme peso fiscale del settore automobilistico: tra IVA, tasse sulla proprietà, accise sui carburanti e altri tributi, l’intero comparto genera circa quattrocento miliardi di euro l’anno in Europa, una cifra che supera di quasi il doppio il bilancio annuale dell’Unione europea. Ignorare questo aspetto – conclude – sarebbe un grave errore, perché significherebbe minare una delle principali fonti di entrate pubbliche e mettere a rischio un’intera filiera economica.