La UIF, Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia, ha pubblicato il Quaderno dell’Antiriciclaggio n. 28, dedicato a un tema poco esplorato ma di grande rilevanza: le cosiddette “Buffer Companies”, ovvero le imprese filtro. Si tratta di società che svolgono un ruolo intermedio tra le imprese cartiere, spesso utilizzate per emettere fatture false, e le imprese realmente operative. Il loro scopo principale è quello di rendere più difficile la ricostruzione dei flussi finanziari e, di conseguenza, l’individuazione dei beneficiari effettivi delle frodi fiscali o di operazioni di riciclaggio.
Queste imprese filtro agiscono come cuscinetti, contribuendo ad allungare e complicare la catena delle transazioni fraudolente. In questo modo, riescono a mascherare i movimenti di denaro e a rendere meno visibili i soggetti coinvolti, riducendo la trasparenza delle operazioni e aumentando la difficoltà per le autorità di controllo nel risalire all’origine illecita dei fondi.
Lo studio della UIF si basa su una combinazione di sentenze della Corte di Cassazione e di Segnalazioni di Operazioni Sospette (SOS) e ha permesso di costruire un dataset originale, utile per analizzare con maggiore precisione il fenomeno. In particolare, è stato sviluppato un indicatore sintetico in grado di aiutare gli operatori del settore finanziario – come banche e altri intermediari – a riconoscere le imprese filtro tra i propri clienti. Questo strumento di analisi può migliorare sensibilmente l’efficacia delle attività di prevenzione e contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
Le caratteristiche individuate dalla UIF per riconoscere le imprese filtro sono piuttosto specifiche. Innanzitutto, come accade per le imprese cartiere, anche le società filtro mostrano una forte correlazione tra costi e ricavi, ma con valori generalmente meno estremi. Un altro segnale rilevante è la volatilità dei ricavi: le entrate di queste società tendono a variare notevolmente nel tempo, anche se in maniera meno marcata rispetto alle cartiere. Inoltre, le buffer companies sono contraddistinte da una bassa marginalità operativa, in quanto acquistano e rivendono beni rapidamente senza apportare alcun valore aggiunto, operando quindi con profitti molto ridotti.
Dal punto di vista patrimoniale, queste imprese possiedono una dotazione limitata: dispongono di pochi beni strumentali o immobili, seppur in misura leggermente superiore rispetto alle cartiere. Anche la loro durata nel tempo rappresenta un elemento utile di valutazione: in media, le imprese filtro restano attive più a lungo rispetto alle cartiere, ma non quanto le aziende realmente operative. Infine, presentano una certa esposizione nei confronti del sistema bancario, sebbene meno marcata rispetto alle imprese che svolgono attività produttive reali.
In conclusione, il lavoro svolto dalla UIF rappresenta un contributo importante per rafforzare i presìdi antiriciclaggio, offrendo strumenti pratici di identificazione e valutazione del rischio. Le informazioni contenute nel Quaderno n. 28 possono aiutare gli operatori del settore a migliorare la qualità delle segnalazioni, a rendere più efficaci le misure di prevenzione e a proteggersi meglio da potenziali clienti coinvolti in attività illecite.