L’Italia perde terreno sul fronte dell’innovazione e scivola al 30º posto nel TEHA-Global Innosystem Index 2025, che analizza i 47 Paesi più avanzati del mondo. Si tratta di un peggioramento rispetto al 28º posto registrato nel 2022.
Ai vertici della classifica si confermano Israele, Singapore e Regno Unito. L’Italia ottiene buoni risultati in alcune aree, come la qualità della ricerca scientifica e l’export, che la posizionano al settimo posto a livello globale e prima in Europa per tasso di successo dei brevetti. Tuttavia, pesano negativamente la bassa spesa in ricerca e istruzione, che colloca il Paese al 33º posto, e la scarsa presenza di laureati e sviluppatori software, parametro in cui l’Italia si attesta al 41º posto, tra i cosiddetti paesi “satellite”.
Secondo le stime, con maggiori investimenti esteri, una più alta spesa in ricerca e un rafforzamento del capitale umano, l’Italia potrebbe ottenere una crescita del PIL fino al +20,6% entro il 2040. “È ormai dimostrato che i Paesi che investono di più in ricerca e sviluppo sono quelli che crescono maggiormente. L’Italia paga una storica arretratezza in termini di investimenti in istruzione e ricerca”, ha spiegato Valerio De Molli, ceo di The European House – Ambrosetti.
La distanza rispetto agli altri Paesi europei è evidente anche nella capacità di attrarre capitale umano qualificato, ambito in cui l’Italia si posiziona al 36º posto, e nella capacità di generare investimenti pubblici e privati per l’innovazione, che la collocano al 27º posto.
Per quanto riguarda gli investimenti esteri nell’innovazione, l’Italia si trova al 25º posto, con un valore pari all’1,8% del PIL, nettamente inferiore rispetto al 35% di Singapore, primo in classifica. Lo stesso vale per la spesa in ricerca e sviluppo da parte delle imprese, che si ferma allo 0,8% del PIL, contro il 5,6% di Israele. Sommando anche gli investimenti pubblici, universitari e del settore non profit, la spesa complessiva italiana in R&S raggiunge appena l’1,3% del PIL.