Secondo il rapporto annuale di Aibe (Associazione Italiana delle Banche Estere) realizzato in collaborazione con il Censis, il sistema bancario europeo mostra segnali di debolezza competitiva rispetto agli Stati Uniti. Questo gap è attribuito a diversi fattori, tra cui la frammentazione dei mercati, la minore redditività e un quadro normativo che, pur garantendo stabilità, viene percepito come penalizzante.
Un aspetto critico evidenziato riguarda la regolamentazione prudenziale introdotta dall’Unione Europea dopo la crisi finanziaria del 2008. Il 72,4% degli intervistati ritiene che tale regolamentazione rappresenti un ostacolo alla competitività del sistema bancario, con il 24,1% che la considera un freno significativo e il 48,3% un limite in alcune aree. Nonostante ciò, il 72,4% riconosce che queste regole contribuiscono alla stabilità del sistema.
Tuttavia, il 79,3% degli intervistati ritiene che gli elevati requisiti patrimoniali e la normativa prudenziale europea rendano più costoso per le banche raccogliere capitale sui mercati finanziari, influenzando negativamente la loro competitività. Inoltre, l’82,8% sostiene la necessità di ridurre la frammentazione delle regole, puntando a una maggiore armonizzazione all’interno dell’Unione europea, così come si legge su Borsa Italiana.
Per quanto riguarda la dimensione delle istituzioni bancarie, il 92,9% degli intervistati considera la dimensione ridotta degli istituti europei, dovuta alla frammentazione bancaria, un freno alla competitività rispetto agli Stati Uniti. Il 72,4% ritiene che l’Unione Europea dovrebbe semplificare le normative antitrust e creare incentivi fiscali per favorire le fusioni bancarie. Solo il 20,7% teme che tali fusioni possano creare un panorama oligopolistico, esponendo il sistema europeo a maggiore instabilità in caso di crisi.
In termini di redditività, le banche statunitensi hanno registrato un Return on Equity superiore di 5 punti percentuali rispetto a quelle europee nel periodo 2012-2021. Gli intervistati attribuiscono questo divario a fattori strutturali: il 31,0% indica i maggiori requisiti patrimoniali e regolamentari delle banche europee, il 20,7% la minore integrazione del mercato europeo, il 17,2% il minor sviluppo del mercato dei capitali e il 24,1% la minore propensione europea al rischio e all’innovazione.
Per quanto riguarda le criptovalute, il 79,3% degli intervistati ritiene che rappresentino un rischio troppo elevato per il sistema bancario e dovrebbero essere soggette a regolamentazioni più stringenti. Tuttavia, il 65,5% considera la regolamentazione Mica (Markets in Crypto-Assets Regulation) sufficiente a garantire la sicurezza e la trasparenza necessarie per evitare rischi nel settore delle criptovalute. Solo il 40,7% ritiene che un approccio normativo più flessibile, simile a quello della SEC statunitense, permetterebbe alle banche europee di essere più competitive nei servizi di custodia di criptovalute, riducendo i vincoli regolatori, favorendo l’innovazione e abbassando i costi operativi.
Infine, l’introduzione dell’euro digitale potrebbe rappresentare un passo verso il recupero di competitività per il mercato europeo. Il 69,0% degli intervistati ritiene che l’euro digitale rafforzerà il ruolo dell’euro come valuta internazionale e migliorerà l’efficienza dei pagamenti, favorendo l’integrazione del mercato finanziario europeo.