Negli ultimi mesi, il settore delle fusioni e acquisizioni (M&A) ha registrato un crollo significativo, toccando i livelli più bassi degli ultimi due decenni. La situazione attuale si presenta addirittura più grave rispetto ai momenti critici della crisi finanziaria globale del 2008-2009 e alla fase più acuta della pandemia da COVID-19.
Secondo quanto riportato da Reuters ieri, le tensioni commerciali scaturite dalle politiche protezionistiche di Trump – in particolare l’imposizione di dazi a partire dal 2 aprile – hanno spinto banche d’investimento e imprese a congelare numerose operazioni. Le aziende si trovano ora in un clima di estrema incertezza che ha rallentato notevolmente le trattative e ostacolato anche le IPO, come si legge su pymnts.com.
I dati di Dealogic, citati da Reuters, evidenziano che il numero di operazioni M&A concluse nel mese di aprile si è fermato a 2.330, il dato più basso registrato da febbraio 2005 e inferiore del 34% rispetto alla media mensile storica. Negli Stati Uniti – che rappresentano il mercato principale per questo tipo di attività – si sono concluse solo 555 operazioni, un minimo che non si vedeva dal maggio del 2009.
Tra i casi più emblematici figura quello della fintech svedese Klarna, che ha sospeso il proprio debutto in Borsa a New York pochi giorni dopo l’annuncio dei nuovi dazi, segno della tensione che sta bloccando il dinamismo imprenditoriale a livello globale. Le politiche tariffarie introdotte da Trump includono un’imposta del 10% su tutte le importazioni (poi sospesa per 90 giorni) e aumenti fiscali verso partner economici strategici come l’Unione Europea e il Giappone. L’impatto più severo si è però verificato nei confronti della Cina, con un incremento dei dazi fino al 145%.
Molte aziende stanno ora attendendo l’esito della riunione della Federal Reserve, iniziata il 6 maggio, per capire in che modo la banca centrale risponderà a queste tensioni commerciali in termini di politica monetaria e previsioni economiche.