Negli Stati Uniti, Shopify è coinvolta in una causa collettiva (class action) relativa a una presunta violazione della privacy degli utenti. Inizialmente la causa era stata respinta sia da un tribunale di grado inferiore sia da una giuria composta da tre giudici della Corte d’appello del 9° circuito. Tuttavia, nella giornata di ieri, la decisione è stata ribaltata: con un voto favorevole di dieci giudici contro uno, l’intera Corte d’appello del 9° circuito ha deciso di riesaminare il caso, come riportato da Reuters.
Il promotore della causa, Brandon Briskin, residente in California, accusa Shopify di aver installato sul suo iPhone un software di tracciamento senza il suo consenso, in seguito a un acquisto effettuato presso un rivenditore che utilizza la piattaforma Shopify. Secondo quanto sostenuto da Briskin, i dati raccolti sarebbero stati impiegati per creare un profilo personale e successivamente condivisi con altri commercianti.
Shopify, società canadese operante anche negli Stati Uniti, aveva sostenuto che eventuali controversie legali dovessero essere affrontate in stati come il Delaware o New York, oppure in Canada, e non in California. Tuttavia, nella nuova sentenza, la Corte ha stabilito che l’azienda può essere effettivamente citata in giudizio in California, poiché avrebbe deliberatamente rivolto il proprio sistema di tracciamento ai residenti dello Stato.
A seguito della decisione, uno degli avvocati di Briskin ha dichiarato a Reuters che questa sentenza rappresenta un passo avanti per chiedere conto alle imprese digitali del modo in cui gestiscono i dati degli utenti. In altre parole, secondo il legale, il verdetto conferma che anche le aziende online devono rispondere delle proprie azioni quando operano nei mercati locali, come riporta pymnts.com.
Dal canto suo, un portavoce di Shopify ha espresso preoccupazione, affermando che tale decisione apre la porta a un aumento dei contenziosi per i commercianti digitali, che potrebbero ora essere citati in giudizio in qualunque giurisdizione. Ha inoltre aggiunto che la sentenza mette in discussione i principi su cui si basa il funzionamento di Internet.
Secondo quanto riportato da Reuters, la decisione della Corte potrebbe facilitare l’estensione della giurisdizione dei tribunali statunitensi sulle piattaforme digitali. Infatti, ben trenta Stati americani, insieme a Washington D.C., hanno sostenuto la posizione del querelante, affermando che ogni stato dovrebbe poter far valere le proprie normative a tutela dei consumatori contro aziende che operano attivamente nei loro mercati.
Sul fronte economico, Shopify ha comunicato lo scorso febbraio i risultati finanziari relativi al quarto trimestre del 2024. L’azienda ha registrato un incremento del 31% dei ricavi trimestrali, arrivando a 2,81 miliardi di dollari, mentre su base annua il fatturato è cresciuto del 26%, raggiungendo 8,88 miliardi di dollari. I ricavi generati dagli abbonamenti sono aumentati del 9,1%.
Durante la presentazione dei risultati, il presidente di Shopify, Harley Finkelstein, ha affermato che il 2024 è stato un anno particolarmente positivo, contribuendo a rafforzare la posizione dell’azienda come leader nel settore del commercio digitale integrato. Ha inoltre sottolineato che, solo negli Stati Uniti, Shopify detiene ora oltre il 12% della quota di mercato dell’e-commerce e ha evidenziato l’espansione continua in regioni strategiche come l’Europa e il Giappone.