L’Agenzia delle Entrate Italiana ha imposto una rigorosa tassazione sull’interscambio di dati tra utenti e piattaforme digitali. L’Italia ha applicato una valutazione fiscale alle informazioni accumulate nei server delle grandi aziende tecnologiche. L’agenzia ha chiesto somme significative a vari colossi digitali: 887,6 milioni di euro a Facebook, centoquaranta milioni a Linkedin, e dodici milioni e mezzo a X, la piattaforma di Elon Musk, come si legge su key4biz.it.
Per la prima volta, un’autorità fiscale ha attaccato direttamente il modello di business delle grandi piattaforme, colpendo al cuore della loro strategia commerciale: quella di trasformare i dati degli utenti in una risorsa economica straordinaria. In altre parole, ha messo in discussione quel meccanismo informale e non regolamentato che trasforma i dati personali in risorse commerciali, creando profili dettagliati per indirizzare pubblicità o altre forme di comunicazione personalizzate.
Questo modello di business si fonda su un’appropriazione di informazioni private che, al pari delle enclosures agricole del XVII secolo, crea un accumulo di ricchezze, ma in questo caso senza una vera e propria giustificazione giuridica. I dati raccolti da social network, motori di ricerca, piattaforme di streaming e altre imprese digitali sono alla base delle fortune economiche di queste multinazionali, ma la loro acquisizione avviene senza il riconoscimento né dei diritti degli utenti né di un sistema normativo trasparente.
La tassazione sui dati, da parte dell’Agenzia delle Entrate, si concentra sulla transazione economica tra le piattaforme e gli utenti, chiedendo alle aziende di riconoscere il valore commerciale di questi dati. Questo implica che i modelli di business dovranno essere aggiornati, con una maggiore trasparenza riguardo l’utilizzo dei dati raccolti e, possibilmente, con un ritorno anche per gli utenti stessi. Un principio simile era già stato stabilito nel 2018, quando l’Antitrust e il Consiglio di Stato obbligarono Facebook a rimuovere la dicitura “servizio gratuito” dalle sue promozioni, poiché i dati degli utenti erano considerati parte integrante del suo modello commerciale.
La decisione dell’Agenzia delle Entrate non riguarderà solo i grandi social network, ma avrà un impatto anche su altre piattaforme, come quelle di streaming (Netflix, Amazon), che utilizzano i dati per ottimizzare la produzione e la distribuzione dei contenuti, così come sulle imprese di intelligenza artificiale, che basano le loro applicazioni sui profili degli utenti. Anche piccole attività commerciali in Italia, che ormai si affidano alla raccolta e all’elaborazione dei dati per il loro marketing, potrebbero essere coinvolte.
Questa mossa potrebbe scatenare tensioni diplomatiche tra Europa e Stati Uniti, con la Casa Bianca che potrebbe interpretare la decisione italiana come una ritorsione nella cosiddetta “guerra dei dazi”. Alcuni osservatori suggeriscono che i dati potrebbero diventare una sorta di dazio economico, simile a quelli usati durante la presidenza Trump. Tuttavia, la necessità di attingere a una materia prima così preziosa come i dati dei cittadini europei potrebbe spingere le aziende a trovare un accordo, anche se la situazione resta incerta.