Le modifiche proposte dalla Commissione europea e dal Consiglio dell’Unione europea nel pacchetto Omnibus alla direttiva CSRD, che impone alle aziende di redigere una rendicontazione sulla sostenibilità, stanno rendendo più incerto l’attuale quadro normativo. Tali cambiamenti potrebbero ostacolare il progresso delle filiere industriali, inclusa quella logistica, che rappresenta un quarto delle emissioni inquinanti e non è immune da pratiche aziendali poco sostenibili. Questi sono i temi principali del dibattito promosso da Economia Pulita, concluso dal viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, che si è tenuto oggi nella sede romana del Parlamento europeo. Un incontro tra le imprese del settore logistico e le istituzioni per confrontarsi e ottenere chiarimenti urgenti sull’evoluzione delle normative nazionali ed europee riguardanti la sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG), come riporta Borsa Italiana.
Alessandro Servadei, presidente di Economia Pulita, ha sottolineato la necessità di un percorso sostenibile per le imprese, in un contesto industriale ed economico incerto. Ha chiesto che la politica europea e italiana faciliti un percorso chiaro verso la sostenibilità, evitando di imporre obblighi stringenti o tempi incompatibili con le piccole e medie imprese italiane, rischiando di causare costi inutili alle imprese che avevano già intrapreso il processo di conformità.
Antonello Fontanili, direttore di Uniontrasporti, ha ricordato che il settore logistico e dei trasporti in Italia vale circa 135 miliardi di euro l’anno, contribuendo per l’8,2% al Pil nazionale. Tuttavia, il settore è anche responsabile di un alto numero di infortuni mortali sul lavoro e di una significativa produzione di gas serra e inquinanti, dati che evidenziano l’urgenza di proseguire con maggiore determinazione verso una sostenibilità ambientale e sociale.
Secondo i dati dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, l’80% delle aziende che si occupano di logistica ha già avviato progetti di transizione ambientale e chiede che anche gli altri attori della filiera si allineino. Più della metà dei fornitori di logistica ha adottato almeno quattro tecnologie diverse per la sostenibilità ambientale, anche se l’adozione delle pratiche di sostenibilità sociale e di governance è ancora in fase di crescita.
Le modifiche proposte, che dovranno essere approvate dalle istituzioni europee, pur introducendo alcune semplificazioni, escludono le PMI dall’obbligo di rendicontazione, proponendo loro uno standard volontario per la sostenibilità. Questo potrebbe creare confusione, aumentare i costi e rendere più incerti gli investimenti delle imprese che avevano già intrapreso il processo di adeguamento ai criteri ESG previsti dalla direttiva, che in Italia sarà recepita entro settembre 2024. Tali criteri sono ormai richiesti dal sistema bancario e finanziario, rappresentando un vantaggio competitivo per le aziende.
Il dibattito ha messo in evidenza l’urgenza di chiarimenti normativi e la consapevolezza che gli obiettivi della direttiva non possono essere elusi. Tra i partecipanti al confronto c’erano figure di spicco come Gianluigi Mason di Barilla, Paolo Guidi di CMA CGM Shipping e Umberto Ruggerone del Gruppo FNM, tra gli altri.
Francesco Montanari, coordinatore scientifico di Economia Pulita, ha osservato che le modifiche potrebbero allontanare ulteriormente le PMI dal concetto di “impresa sostenibile”. Ha sottolineato che la sostenibilità non si esaurisce nelle direttive europee, ma è già imposta dalle normative in vigore che richiedono alle imprese di fornire informazioni qualitative e quantitative agli stakeholder, tra cui le banche. Secondo Montanari, il percorso verso la sostenibilità deve continuare, gestendo con professionalità la complessità attuale, affinché tutte le imprese, anche le più piccole, possano trarre vantaggio, specialmente in termini di accesso al credito e di partecipazione alle filiere sostenibili.