Di Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia
Nell’incontro di ieri, la Fed ha rivisto al ribasso la sua previsione di crescita del PIL entro fine anno, portandola dal 2,1% all’1,7%. Di riflesso, la nostra stima è scesa dal 2,3% al 2,0%, seppur con un atteggiamento che potrebbe sembrare troppo ottimista, soprattutto rispetto alle previsioni delle banche statunitensi, che oscillano tra l’1,5% e l’1,8%. Tuttavia, la situazione è complessa, in particolare a causa delle incertezze legate alla guerra commerciale e alla difficoltà nel quantificare il numero di posti di lavoro che andranno persi a causa del DOGE (probabilmente circa un milione di posti di lavoro diretti e indiretti, secondo le nostre stime).
La Fed ha inoltre aumentato la sua previsione per l’indice dei prezzi PCE di fine anno, portandolo dal 2,5% al 2,8%. Questo è un indicatore dell’inflazione più preciso rispetto all’indice dei prezzi al consumo (CPI). In termini di CPI, la nostra stima è del 3%.
La Fed ha anche rivisto al rialzo la sua previsione sul tasso di disoccupazione per fine anno, portandola dal 4,3% al 4,4%.
Aggiornamento sul dot-plot: la previsione mediana resta invariata su due tagli dei tassi per un totale di 50 punti base quest’anno. Tuttavia, un elemento significativo è che ora quattro membri prevedono l’assenza di tagli nel 2025, rispetto a un solo membro nella riunione di dicembre. Da parte nostra, continuiamo a stimare un unico taglio dei tassi, coerente con il nostro scenario inflazionistico. Sembra più probabile che si verifichi un solo taglio, o nessuno, piuttosto che tre tagli, ipotesi che è stata il consenso di mercato nelle ultime tre settimane.
A seguito di queste dichiarazioni, il rendimento dei Treasury Bond è sceso leggermente al 4,27%. Resta da vedere se il movimento al ribasso proseguirà. Nel frattempo, l’indice del dollaro ha registrato un lieve rimbalzo, pur rimanendo in una tendenza ribassista.