La Corte Ue ha bocciato la normativa italiana in materia di accertamenti Antitrust, affermando che il termine di 90 giorni per avviare l’istruttoria è troppo breve e alimenta il rischio di una impunità sistemica.
Secondo i giudici di Lussemburgo, sentenze nelle cause Trenitalia (C-510/23) e Caronte & Touris (C-511/23), la direttiva 2005/29/CE osta a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica commerciale sleale, da un lato, impone di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento entro un termine di 90 giorni dalla conoscenza degli elementi essenziali della violazione, e, dall’altro, ne sanziona l’inosservanza con l’annullamento integrale del provvedimento finale, nonché con la decadenza dal potere di avviare una nuova procedura d’infrazione riguardante la stessa pratica.
Per il Tar Lazio, giudice rimettente, infatti, i procedimenti condotti dall’AGCM sono soggetti al rispetto dell’articolo 14 della legge n. 689/81 in forza del quale tale autorità, a pena di decadenza dal suo potere sanzionatorio, è tenuta ad avviare la fase istruttoria entro tre mesi. Secondo i giudici di Lussemburgo però tale previsione comporta un rischio sistemico di impunità e di lesione all’indipendenza dell’autorità garante.