“L’intelligenza artificiale può rappresentare già oggi una leva importante per le malattie rare. Tra i principali ambiti applicativi ci sono: scoperta di target farmacologici importanti (come il riconoscimento precoce di alterazioni genomiche) e il successivo sviluppo industriale; collocazione per il trattamento delle malattie rare di farmaci già utilizzati con efficacia in altre patologie; migliore elaborazione quali/quantitativa delle informazioni provenienti dalla sperimentazione clinica; corretto profiling di ciascun paziente affetto; personalizzazione dei trattamenti”. A farlo sapere la dottoressa Tiziana Corsetti, Coordinatore ASC SIFO Malattie Rare e Direttore UOC Farmacia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, coordinatrice della sessione dal titolo ‘Il sostegno all’innovazione e alla sostenibilità nelle malattie rare: un impegno per tutti’, che si svolge nell’ambito del XLV Congresso Nazionale SIFO, in corso a Napoli presso gli spazi della Mostra d’Oltremare.
Nella Unione Europea, intanto, una patologia si definisce rara quando la sua prevalenza non supera lo 0,05% di casi nella popolazione. Le malattie rare, è comunemente ritenuto, si possono verificare quando avviene una ‘alterazione’ del DNA. Per ogni malattia rara conosciuta e al fine della impostazione di una corretta terapia, quindi, è necessario arrivare per i ricercatori alla conoscenza di che tipo di ‘alterazione’ genetica si tratti. “Per quanto riguarda la numerosità dei pazienti interessati, solo in Italia sono almeno 2 i milioni (70% in età pediatrica e 30mln complessivi affetti nella Comunità Europea) che hanno ricevuto una diagnosi di malattia rara- ha spiegato la dottoressa Corsetti- Storicamente e laddove possibile, la strategia di trattamento farmacologico era basata sul somministrare al paziente il prodotto del gene difettivo o mancante del tutto. Attualmente, anche visti i numerosi successi avuti di remissione, la strategia si basa sull’utilizzo della cosiddetta terapia genica, ovvero somministrando al paziente direttamente il gene non funzionante”.
Le malattie rare attualmente sono alcune migliaia, ma il loro elenco è aggiornato molto di frequente date le scoperte della ricerca clinica. “I principali problemi posti dalla scoperta di un caso di malattia rara- ha proseguito ancora Corsetti- sono presentati da un iter pre diagnosi (fondamentale, in questi casi, l’impostazione di uno screening neonatale rivolto alla maggioranza della popolazione) – talvolta lungo, complesso e tardivo – e dal fatto che spesso la malattia rara si presenta come una sindrome multiorgano (con eventi da non gravi a eventi pericolosi per la vita), con tutte le difficoltà cliniche che questo aspetto comporta”.
Dal punto di vista della gestione ‘familiare’ di tali patologie, invece, non raramente il peso che i parenti/caregiver debbono sopportare è molto gravoso, dato il “doversi continuamente recare – almeno nelle fasi iniziali – presso molteplici centri di cura consultando numerosi specialisti (spesso lontani dalla propria abitazione e disseminati sul territorio). L’associazionismo, poi, dove strutturato, cerca di aiutare la comunità di pazienti e famiglie”. Per quanto riguarda l’accesso ai farmaci, infine, la malattia rara da trattare “deve essere riconosciuta come tale dal Servizio sanitario nazionale, con tempi alle volte lunghi e specifici luoghi di dispensazione, aspetti che appesantiscono la quotidianità del paziente”, ha concluso l’esperta.