Nel 2019 vantava il maggior numero di uffici di tutta Manatthan. Un sogno americano che aveva illuso anche Wall Street e la Silicon Valley. Per WeWork, invece, sono arrivati i titoli di coda. Il gigante newyorkese del coworking, specializzato nel proporre spazi condivisi per il lavoro, ha dichiarato bancarotta, mettendo fine a una saga che negli anni pre-pandemici aveva dato forma a un trend che sembrava destinato al successo.
La bancarotta arriva dopo anni di difficoltà finanziarie evidenti, iniziate probabilmente nel 2019. Nel giro di pochi mesi, infatti, la società è passata dalla pianificazione di un’IPO (la quotazione arriverà due anni dopo) al licenziamento di migliaia di persone e al salvataggio di svariati miliardi di dollari. Un segnale eloquente di quanto successo e stabilità finanziaria non sempre navighino sulla stessa rotta.
Circa un mese fa, WeWork era finito nell’occhio del ciclone per alcuni debiti non saldati. E l’ipotesi di un fallimento si era fatta decisamente più concreta. Fino all’annuncio odierno, che per la società è un po’ un tentativo di negoziare la riduzione del proprio debito.
La società ha affermato che la misura avrà un impatto sulle operazioni negli Stati Uniti e in Canada, mentre prevede «che quelle globali continueranno come al solito».
«Ora è il momento per noi di portare avanti il futuro affrontando in modo aggressivo i nostri contratti di locazione preesistenti e migliorando notevolmente il nostro bilancio», ha affermato in una nota l’amministratore delegato David Tolley. «Abbiamo definito una nuova categoria di lavoro e questi passi ci consentiranno di rimanere leader globali nel lavoro flessibile».
All’inizio di agosto WeWork aveva avvertito l’autorità di regolamentazione del mercato azionario statunitense Sec che temeva per la sua sopravvivenza: «Esistono dubbi sostanziali sulla capacità dell’azienda di continuare ad operare».
La causa secondo l’azienda: perdite finanziarie, fabbisogno di liquidità e calo del numero degli inquilini. Aveva spiegato di aver perso miliardi di dollari nei primi sei mesi del 2023, a causa di un calo della domanda legato alle cattive condizioni economiche.