Poco più di un quarto del campione ritiene che l’utilizzo delle criptovalute supererà quello della moneta legale data la maggiore velocità nei pagamenti.
Aumenta di 3 punti, al 42%, la percentuale degli italiani che conoscono le valute virtuali. E tra il 91% che ne ha comunque sentito parlare, il 30% ha già investito nel settore e poco più di un quarto ritiene che l’utilizzo delle criptovalute supererà quello della moneta legale data la maggiore velocità nei pagamenti.
Sono i principali elementi che emergono dall’indagine svolta dall’OAM su un campione di 766 persone rappresentative della popolazione italiana.
L’analisi si è concentrata sui 700 soggetti (appunto il 91%) che hanno dichiarato di aver sentito parlare di valute virtuali.
I soggetti con più alto livello di conoscenza sulle criptovalute sono per lo più maschi (+5% rispetto alle femmine) e risiedono nel Centro e Nord Italia. La preparazione sulle criptovalute decresce al diminuire del reddito percepito, ad eccezione di coloro che hanno un reddito fino a 9.999 euro che dimostrano invece di avere un livello medio alto di conoscenza (60%). Il livello di istruzione non sembra invece avere impatto sul livello di comprensione delle valute virtuali: chi ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado o un master ha infatti maggiori conoscenze del settore rispetto chi possiede una laurea. Al crescere del grado di alfabetizzazione finanziaria aumenta invece il livello di conoscenza delle criptovalute.
L’analisi delle risposte ricevute ha inoltre permesso di misurare quanto gli italiani siano consapevoli dei propri investimenti in criptovalute, quanta fiducia ripongano su questo mercato e il livello di rischio percepito.
Quasi il 30% del campione ha acquistato in passato criptovalute e l’81% di questa quota vuole continuare ad investire nel 2023. A spingere questi investimenti la voglia di diversificare il proprio portafoglio e conseguire alti rendimenti. In particolare, il 55% punta a un portafoglio più diversificato mentre il 40% è alla ricerca di alti rendimenti. L’ammontare dell’investimento arriva fino a 10mila euro per il 59% del campione, tra i 10mila e i 25mila per il 16 per cento. Una percentuale del 9% ha investito tra i 25mila e i 40mila euro mentre il 6% ha acquistato criptovalute per oltre 70mila euro. Piace l’acquisto ‘fai da te’, effettuato dal 42%, anche se si è affidato a un broker o a un exchange ben il 58% degli intervistati. Spopola il Bitcoin (lo ha acquistato il 59%) seguito a distanza da Ethereum (23%) mentre poco mercato si riscontra per monete quali Ripple e Cardano.
Quanto all’identikit dell’investitore in valute virtuali, è maschio (i rappresentanti di sesso maschile costituiscono il 63% di coloro che hanno acquistato criptovalute), vive nel Nord e nel Sud Italia e percepisce, per il 54%, un reddito compreso tra i 10.000 euro e i 39.999 euro; ha un livello di istruzione medio alto e possiede un analogo grado di alfabetizzazione finanziaria.
Il 70% del campione analizzato non ha però ancora investito in criptovalute: pesa la mancanza delle conoscenze necessarie per acquistarle innanzitutto (44%), ma anche la percezione di alto rischio d’investimento (30%), la difficoltà per l’acquisto (28%), la mancanza di fondi necessari per l’investimento (27%). In futuro, tuttavia, il 35% di coloro che non hanno investito prevede comunque di acquistare valute virtuali.
Sul futuro delle criptovalute il campione risulta sostanzialmente spaccato a metà: se il 47% dei rispondenti ritiene che l’utilizzo del criptovalute supererà quello delle monete a corso legale, il 53% resta ancorato alle valute tradizionali, ritenendo le criptovalute un asset altamente volatile (45%). Gli entusiasti vedono invece il sorpasso in quanto è molto veloce effettuare pagamenti in criptovaluta (per il 63%, pari a poco più di un quarto del campione) e sono mezzi di pagamento più sicuri (per il 25%) ed economici (per il 13%) rispetto alle tradizionali monete. Bisogna considerare però che tale fiducia è stata misurata prima del crollo di FTX e delle conseguenze che ne sono derivate.
Benché il 62% del campione ritenga che i mercati azionari siano più rischiosi del settore delle criptovalute e addirittura il 22% consideri a più alto rischio contanti e titoli di stato, il 61% dei rispondenti è consapevole che il valore di una criptovaluta potrebbe crollare anche dell’80% nell’arco di pochi giorni. Resta però un 31% che non ha idea del grado di volatilità del loro valore. Inoltre, se il 18% degli investitori in criptovalute è costituito da soggetti disposti ad assumersi alto rischio a fronte di elevati rendimenti, il 58% ritiene invece che questo tipo di investimento rappresenti un basso o medio livello di rischio, indipendentemente dal livello di rendimento ottenuto. Il restante 42% lo percepisce come un investimento ad alto rischio, indipendentemente dal rendimento atteso e/o ottenuto dall’asset digitale.
Non particolarmente rilevante invece la preoccupazione degli attacchi hacker per il 75% del campione: solo il 15% è molto preoccupato, a fronte di un 10% che si ritiene per nulla preoccupato.